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Il legno nell’industria alimentare
Manlio Della Ciana, luglio 2015
manlio.dellaciana@auslromagna.it
E’ opinione diffusa che il legno non sia compatibile con l’industria alimentare se non a sostegno ad
esempio di alimenti già imballati e trasportati quindi su pallets di legno. A ben guardare tuttavia ci
si rende conto come il legno sia presente in diverse lavorazioni proprio per alcune peculiarità insite
in questo materiale e ricercate per la produzione degli alimenti, si pensi all’affinatura in barriques
del vino, ma non solo.
Nella legislazione europea non esistono disposizioni specifiche relative all’uso del legno , né il
pacchetto igiene si occupa del problema in particolare, ma con norme finalistiche richiede che le
superfici a contatto con alimenti non siano fonte di contaminazione diretta ed indiretta. La
normativa relativa ai materiali a contatto si rifà ad un regolamento del 2004, il numero 1935 che per
l’appunto si riferisce al principio della non contaminazione. Non vi sono quindi divieti specifici
all’uso del legno, ma solo studi e linee guida all’utilizzo del legno in ambiente alimentare.
Va detto che nessun materiale riassume si di sé tutte le caratteristiche di idoneità, ma queste
dovrebbero essere considerate in considerazione degli usi specifici.
Il legno, come molti altri materiali, interagisce con l’alimento e/o con il processo produttivo
alimentare e questo è un aspetto non trascurabile che andrebbe sempre considerato, sia per gli effetti
positivi che negativi che tale interazione può avere. Chi lavora nell’industria casearia o comunque
in attività produttive ove siano ricercate delle fermentazioni sa che l’utilizzo di legni “stagionati”
favorisce il processo di maturazione virtuoso dei prodotti, si viene cioè a creare un ecosistema
residente che rappresenta un patrimonio importante delle sale di stagionatura, mentre al contrario
l’effettuazione di stagionatura in ambienti asettici comporta il rischio che nel prodotto prendano il
sopravvento fenomeni negativi, talvolta gravi ed irrimediabili.
Al tempo stesso la presenza di superfici lignee non trattate o mal tenute rappresenta un rischio per
l’introduzione di muffe e corpi estranei in ambiente ove si lavora l’alimento.
Gli aspetti che si considerano per la scelta delle superfici a contatto devono tenere conto:
− della destinazione d’uso del materiale:di sostegno, per il taglio o per il confezionamento;
− delle caratteristiche intrinseche al materiale quali la porosità, la capacità di assorbire, la durezza;
− della durata e della necessità di manutenzione;
− della sanificabilità delle superfici;
− della natura dell’alimento con cui verranno a contatto: liquidi o solidi, grassi oppure no, ecc.;
− del costo;
Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA)
2
L’uso del legno nell’industria alimentare in questi anni è molto diminuito, in quanto trattandosi di
materiale assorbente, dove è possibile che i batteri rimangano intrappolati e quindi siano fonte di
cross contamination, si è preferito generalmente ricorrere a vari polimeri plastici ritenendo che
possedessero tutti i vantaggi del legno, ma non i suoi svantaggi. In effetti i polimeri plastici sono
stati utilizzati per sostituire il legno in molte fasi del processo produttivo alimentare, confinando
l’uso del legno per lo più alle fasi di palletizzazione dei prodotti imballati o,in taluni casi, a
packaging ortofrutticolo.
Tra i polimeri plastici più frequentemente utilizzati sono stati considerati il polietilene (PE) il
polistirene (PS) il poliacrilico (PA), il polipropilene (PP), il cloruro di polivinile (PVC), il Teflon ed
il Plexiglass. Le proprietà di tali materiali, infatti, ben si adattano al loro utilizzo sia come superfici
a contatto che non a contatto: si pensi ai nastri trasportatori, alle superfici di taglio e ai supporti per
la palettizzazione. La ridotta propensione alla rottura, alla deformazione o a piegarsi e la facilità di
pulizia sono state le caratteristiche verso cui ci si è indirizzati per la loro scelta, anche se poi ci si è
resi conto con se usurate, anch’esse risultano di difficile sanificazione e necessitano quindi di
manutenzione e periodica levigatura o sostituzione.
In alternativa ai polimeri, inoltre, l’industria alimentare ha fatto ricorso anche all’uso dell’acciaio e
della gomma dura.
Le caratteristiche che hanno fatto scegliere il legno e che sono ricercate sono date dalla sua
durabilità, dalle buone prestazioni e dai bassi costi, tuttavia si tratta di materiale poroso ed
assorbente e poco adatto a venire a contatto con sangue, grasso o alimenti bagnati/umidi.
Per alcuni tipi di legno,inoltre, sono stati evidenziate la possibilità per la loro sanificazione: si tratta
di legni di acero, frassino, tiglio, faggio, betulla, noce americano, ciliegio, rovere.
Sono stati fatti studi1
comparativi su taglieri per la carne di vari tipi di legno e polimeri plastici,
immergendoli in acqua calda (45-50°C) con un detergente anionico e si è riscontrato che quelli
plastici erano puliti meglio, anche se all’interno delle fessure di taglio la differenza di
contaminazione, dopo la pulizia non era così diversa. In letteratura2
, tuttavia, sono stati presentati
lavori di comparazione tra i diversi materiali usati nell’industria delle carni che hanno rovesciato
questo primo screening a favore del legno; confrontando taglieri di legno e di Polietilene (PE) dopo
loro contaminazione con carne cruda si è dimostrato non esserci differenza. Probabilmente i diversi
esiti delle ricerche rappresentate in letteratura sono da mettersi in relazione allo stato delle superfici
testate, che fossero o meno danneggiate dall’uso.
1
Gilbert & Watson, 1971
2
Miller e al., 1996
Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA)
3
In effetti per capire meglio questo problema è necessario comprendere come la struttura del legno
sia una struttura orientata e quindi in grado di reagire diversamente alla penetrazione dell’acqua a
seconda di come venga presentata.
Si è visto3
che una superficie ottenuta per
taglio longitudinale (che mostra quindi gli
anelli di crescita del legno) assorbe molto
l’umidità rispetto a quella ottenute con sezione
radiale; intermedio è l’assordimento delle
superfici ottenute con taglio tangenziale.
Per tale motivo le ceppaie che mostrano le
fibre secondo il taglio in sezione longitudinale
(anelli di crescita) possono consentire la
penetrazione batterica anche per alcuni
centimetri di profondità.
Questo diverso comportamento delle fibre
rispetto alla capacità di assorbimento prende il
nome di anisotropia; l’igroscopicità, a parità di
sezione di taglio, varia secondo il tipo di legno.
Un altro aspetto interessante relativo all’uso
del legno è emerso quando si è visto che legni
contaminati in laboratorio mostravano dopo
poco la scomparsa dei batteri contaminanti, forse per effetto di un loro intrappolamento nella
struttura fibrosa o per proprietà battericida insite nel legno stesso.
Gli studi4 5
condotti per verificare eventuali proprietà battericide delle diverse tipologie di legno,
pur evidenziando come certi legni , ad esempio di acero, pino e quercia, piuttosto che di ciliegio,
abbiano una azione battericida nei confronti di germi come E.coli O157:H7, in realtà il meccanismo
d’azione sembra sia da ricercarsi attraverso una inibizione fisica piuttosto che chimica e certamente
più efficace per superfici già bagnate piuttosto che secche, poiché queste ultime sono più assorbenti.
L’aderenza batterica sulle superfici lignee pre inumidite è analoga a quella delle materie plastiche6
.
3
Kampelmacher e al., 1971
4
Galluzzo & Cliver, 1996
5
Milling A. , Kehr R., Wulf A., Smalla K,, 2005
6
Abrishami e al., 1994
Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA)
4
Alcuni studi7
suggeriscono che il decremento dei germi inoculati su superfici lignee sia decisamente
maggiore rispetto a superfici plastiche non porose ne assorbenti, anche se le operazioni di pulizia
semplice (detersione e risciacquo) per superfici lignee sono meno efficaci, se non si utilizzano
anche sistemi di rimozione meccanica.
Qualcuno8
ha anche messo in evidenza come nelle cucine laddove si utilizzano ripiani di legno
piuttosto che di plastica o vetro sono minori i rilevamenti per Salmonella spp. Forse per un duplice
meccanismo di inclusione dei germi e di rapida essicazione dei liquidi su dette superfici rispetto a
quelle non porose e non assorbenti. La ricerca ha anche evidenziato come tale effetto sia
indipendente dall’età del legno e sia molto evidente nelle prime 2 ore dall’inoculo, mentre
successivamente non si notano grandi differenze tra superfici lignee e polimeriche (PE); differenze
sono possibili anche a seconda della qualità del legno: i legni duri come l’acero, o il faggio
presentano tagli meno profondi dopo l’uso rispetto a legni dolci come il cipresso o l’abete.
Direi in conclusione che le evidenze fin qui raccolte suggeriscono che a differenza di una opinione
assai diffusa non vi siano differenze particolarmente significative che facciano propendere l’utilizzo
delle materie plastiche a favore del legno. La comparazione degli esiti dei tamponi di superficie
effettuati su cassette di plastica (PE) e di legno (pino) ha evidenziato analoghe presenze batteriche,
ovvero di Escherichia, Clostridium perfringens, Enterococchi, Pseudomonas e Bacillus cereus. La
prevenzione da possibili proliferazioni batteriche, quindi, è possibile gestendo correttamente le
pratiche di sanificazione delle superfici, lignee o meno che siano, e la loro manutenzione.
La scelta del materiale delle superfici a contatto, quindi, deve essere fatta sulla base della
destinazione d’uso di tali superfici e certamente il legno quale materiale per certi utilizzi, non solo
di packaging, può rappresentare una scelta corretta, in quanto ad esempio, rispetto a superfici
polimeriche tendono a “bonificarsi” prima da eventuali contaminazioni batteriche mediante un
meccanismo di cattura attraverso una azione capillare (nei legni duri a grana fine) e di più rapida
asciugatura. Il legno (duro) viene utilizzato quindi per i contenitori per la salatura a secco, come
taglieri di piccole dimensioni mantenuti levigati.
La sanificazione e pulizia delle superfici di legno così come la loro manutenzione richiedono
tuttavia una attenzione diversa rispetto ad altri materiali, poiché il legno si deteriora rapidamente se
trattato in lavastoviglie, in acqua calda con sostanze a base di cloro: è necessario utilizzare
disinfettanti a base di sali quaternari di ammonio e riporre tali materiali in maniera che scolino e si
asciughino il più rapidamente possibile.
7
Revoll-Juelles, 2005
8
Park e Cliver, 1996
Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA)
5
I taglieri in legno devono essere strofinati con una spazzola di nylon e poi lavati con detergenti
atossici, oppure con un getto ad alta pressione. Alcuni ricercatori suggeriscono l’uso di micronde
per una loro completa sanificazione. Va applicata anche una soluzione disinfettante (evitando
l’immersione), seguita da risciacquo.
I macellai che utilizzano ceppaie di legno hanno sempre avuto l’abitudine di spargere del sale
grosso sulle superfici del ceppo per impedire il formarsi di cattivi odori: in effetti il sale ha la
funzione di estrarre l’umidità dal legno accelerando l’asciugatura e bloccando quindi la
proliferazione batterica che è alla base del cattivo odore.
Dando uno sguardo alla letteratura ed agli indirizzi più comuni per la sanificazione degli ambienti
alimentari si scopre comunque che il legno in quanto tale viene destinato per lo più al packaging,
mentre se possibile viene escluso dalle zone ove gli alimenti vengono processati con poche
eccezioni. Anche nel settore enologico, la conservazione del vino viene proposta per lo più in
contenitori di acciaio o fibro-resina, evidenziando come l’invecchiamento in barriques si renda
necessario solo per il suo affinamento. Nella produzione lattierocasearia (parmigiano, grana,
fontina, ecc.) e talvolta in stabilimenti di stagionatura prosciutti e salumi non è raro trovare scalere
in legno su cui i prodotti sono collocati o ancora in preparazioni artigianali quali le camere di
stagionatura del formaggio di fossa .
La FDA americana a seguito del Food Safety Modernization Act del 2011 aveva diramato una nota
al Dipartimento di Stato di NY in cui si affermava che “la struttura porosa del legno lo porta ad
assorbire e trattenere batteri, che poi colonizzano non solo la superficie ma anche la struttura
profonda del legno. Gli scaffali di stagionatura, a contatto diretto con il prodotto finale, potrebbero
di conseguenza essere una potenziale fonte di microorganismi patogeni nei formaggi”
Va da sé che i produttori di formaggio americani (ma anche europei) hanno rigettato tale
indicazione perché non sufficientemente sostenuta sul piano scientifico, costringendo la FDA ad
attestarsi su posizioni più possibiliste, valutando lo stato di manutenzione e di pulizia in relazione
all’uso caso per caso. Va detto che comunque non è sempre facile far passare il concetto che la
sicurezza alimentare passa anche attraverso la stabilizzazione delle flore batteriche in un prodotto a
seguito dell’interazione di vari parametri (umidità, pH e flore batteriche residenti) e quindi non
necessariamente dalla sterilizzazione ambientale: laddove si instaurano flore batteriche e fungine
favorevoli, infatti, non si sviluppano patogeni.
Ovviamente quest’ultimo ragionamento non può assolutamente giustificare situazioni antigieniche e
il mancato mantenimento in buone condizioni del legno nelle produzioni alimentari.
Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA)
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L’utilizzo del legno nelle produzioni alimentari la ritroviamo o come utensili di lavorazione (ceppi,
presse,taglieri, secchi, utensili, pallets, ecc.) oppure quale ausili tecnologici (assi di affinaggio dei
formaggi, barriques per il vino, tinozze per l’inoculo del formaggio) o ancora come materiale di
imballaggio e confezionamento (cassette per la frutta o per prodotti della pesca o contenitori per
formaggi francesi tipo Rebochon o Brie, ecc.).
Il legno destinato ad utensili e imballaggio: che si tratti di
taglieri o di mestoli o ancora di supporti per la pallettizzazione e
contenitori di alimenti è evidente che gli aspetti legati alla loro
igienizzazione e sanificazione diventano preponderanti.
Abbiamo visto come la ricerca ha evidenziato la
sovrapponibilità d’uso rispetto ad utensili polimerici qualora tali
materiali siano ben tenuti e sanificati in maniera appropriata e come altrettanto importante sia la
resistenza di tali superfici a tagli più o meno profondi. Nel caso dei taglieri la stessa modalità di
pulizia, preceduta dall’asportazione meccanica del materiale organico contaminante e dal ricorso
all’effetto sanificante dei Sali quaternari d’ammonio seguita da risciacquo e asciugatura, garantisce
nel tempo la superficie; importante sarà quindi anche il tipo di legno, da preferirsi duro9
(acero,
faggio, olivo,ecc.) a legni dolci come quelli di abete o cipresso, così come la disposizione delle fibre
ottenute preferibilmente per taglio longitudinale. Le superfici poi soggette a tagli devono essere
soggette con frequenza a piallatura, per ridurre il più possibile il formarsi di nicchie poco
sanificabili. Alcuni legni vengono poi trattati con olii minerali che hanno lo scopo di mantenere
elastiche le fibre del legno ed al contempo di migliorarne l’impermeabilità.
La legislazione non prevede obblighi di certificazione per gli utensili in legno (ad eccezione
dell’uso della fibra di legno) ma comunque devono soddisfare la rintracciabilità ed essere scortati da
dichiarazione di conformità10
ai requisiti; in sintesi devono sottostare agli obblighi comuni di tutti
gli utensili per uso alimentare11
,ovvero: non devono cedere sostanze nocive, non devono
comportare alterazioni inaccettabili all’alimento e non devono provocarne un deterioramento
organolettico. La dichiarazione di cui sopra emessa dal produttore identifica il bene, il materiale, le
9
Dalle linee guida ISS: “Le specie legnose utilizzate per realizzare le due tipologie di superficie di lavorazione (tagliere
o ceppo/ceppaia) sono rappresentate di solito da latifoglie, cioè legni duri. In particolare si utilizzano carpino bianco
(Carpinus betulus L.), faggio (Fagus sylvatica), acero montano (Acer pseudoplatanus L.), robinia (Robinia pseudoacacia
L.), ciliegio (Prunus avium L.), noce (Juglans regia L.). In Italia, per la produzione del tagliere professionale si ricorre
soprattutto a: – carpino bianco; – acero montano; – faggio; – robinia.” Si tratta di specie (carpino ed acero) che per
durezza e per l’assenza di resine si prestano particolarmente bene alla produzione di taglieri e ceppi.
10
Reg.CE 1935/2004, art.5 e 16
11
Reg. Ce 1935/2004, art. 3.
Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA)
7
norme di cui dichiara la conformità ed eventuali limitazioni all’uso. I produttori sono tenuti ad avere
un sistema di rintracciabilità di tali prodotti.
Si tenga poi conto che dal 1° agosto 2008 è entrato in applicazione il regolamento 2023/06, il cui
campo di applicazione prescrive che i materiali e gli oggetti devono essere prodotti conformemente
alle buone pratiche di fabbricazione. In buona sostanza il regolamento 2023/06/CE stabilisce le
norme relative alle buone pratiche di fabbricazione, per i materiali e di oggetti destinati a venire a
contatto con gli alimenti e si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e
distribuzione di materiali e oggetti.
Nell'ambito dei materiali e oggetti si intende anche il packaging destinato al confezionamento e al
contenimento dei prodotti alimentari. Rientrano, pertanto le cassette in legno destinate al
contenimento e al trasporto di derrate alimentari, i taglieri in legno, altri prodotti in legno che vanno
a contatto con gli alimenti, i tappi in sughero.
L’ Istituto Superiore di Sanità nel 2009 ha fornito un documento12
intitolato “Linee guida per
l’applicazione del Regolamento 2023/2006/CE alle filiere di produzione dei materiali e oggetti
destinati a venire in contatto con gli alimenti”,che rappresenta quindi un riferimento per i produttori.
Per quello che riguarda le aziende produttrici13
quindi devono garantire la tracciabilità dei prodotti,
emettere le dichiarazioni di conformità e documentare la gestione del controllo di processo.
Non esiste comunque un obbligo di applicare il marchio del bicchiere e della
forchetta o dichiarazioni per l’uso alimentare (“per contatto con prodotti
alimentari”) su oggetti che per loro caratteristiche sono chiaramente destinati a
venire a contatto con gli alimenti, come lo sono ad esempio gli imballaggi in
legno per i prodotti ortofrutticoli o ii taglieri o i ceppi di legno, mentre tale
obbligo permane su quelle superfici di legno di oggetti o materiali che non sono mai venuti a
contatto con alimenti al momento dell’immissione sul mercato. A mio modo di vedere, tuttavia,
l’apposizione del marchio potrebbe risolvere tante incomprensioni che possono venirsi a creare con
gli organi di controllo durante le verifiche.
Esistono comunque anche degli standard volontari per l’utilizzo del legno tra cui la EN 15593:2008
(è la prima norma europea volontaria che regola la gestione dell’igiene nella produzione degli
imballaggi per alimenti) che indica i requisiti che servono ad un sistema di gestione dell’igiene
12
http://www.iss.it/binary/publ/cont/09_33_web.pdf
13
In caso di controllo da parte delle autorità competenti, per poter disporre di alcuni elementi di base ai fini della dimostrare
dell'applicazione del regolamento 2023/06/CE, il Consorzio Servizi Legno e Sughero consiglia di avere e rendere disponibili alle
autorità preposte:
1. Documentazione attestante il sistema di rintracciabilità;
2. Documentazione attestante la conformità a contatto alimentare delle materie prime;
3. Dichiarazioni di conformità dei prodotti in legno e sughero per i clienti;
4. Supporto cartaceo o informatico della legislazione di riferimento.
La documentazione deve essere debitamente registrata, archiviata e deve essere aggiornata e di ciò ne deve essere data evidenza.
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8
specifico per produttori e fornitori di imballaggi per alimenti, e riguarda anche le fasi di stoccaggio
e trasporto.
Anche questa norma considera tra i requisiti necessari:
- l'adozione nell'azienda di un sistema di gestione per l’igiene e la sicurezza dei materiali per
gli alimenti;
- la conformità ai requisiti di igiene e sicurezza previsti dalla normativa vigente;
- l’applicazione di pratiche igieniche specifiche ed integrate da parte dell'azienda, che è
inserita nella filiera alimentare (tracciabilità);
- l’applicazione dei principi di analisi e valutazione dei rischi;
- la valutazione di contaminanti fisici, chimici, biologici.
E può soddisfare o in taluni casi integrare un altro standard volontario, quello del BRC Global
Standard for Packaging and Packaging Materials (BRC IoP), che richiede :
- l'adozione di un sistema formale di analisi dei rischi;
- la realizzazione di un sistema di gestione documentato;
- il controllo della produzione a livello di procedure, prodotti, processi e personale dedicato.
I legni utilizzati per uso tecnologico: sebbene possano applicarsi analoghe considerazioni
relativamente alle caratteristiche di tali legni è necessario premettere che per quest’uso è importante
la funzione ausiliare, che interagisce sostanzialmente con il prodotto alimentare stesso. I settori di
studio di questo aspetto che rendono il legno voluto in alcune preparazioni riguardano soprattutto il
settore enologico e quelle legato alla produzione dei formaggi, durante la fase si maturazione. A tale
proposito è stato condotto uno studio14
in Francia dal 1997 al 2006 per studiare questo aspetto nella
produzione casearia con il quale sono stati evidenziati i vantaggi tecnologici ed anche gli aspetti
critici legati alle difficoltà di sanificazione delle assi di appoggio dei formaggi.
Tralasciando gli aspetti tecnologici ricercati dai produttori quello che è interessante evidenziare è il
ruolo esercitato dal bio film che si viene a formare sulle superfici a contatto sia nel caso dei
formaggi che dei prodotti enologici (vino): si è visto15
infatti che nelle condizioni di buona
produzione tali biofilm non solo indirizzano le flore microbiologiche ma esercitano un effetto
inibente nei confronti anche di patogeni come Listeria monocytogenes. Si è notato16
, tra le altre
cose, come tale effetti inibente sia ottimale dopo le operazioni di pulizia ed asciugatura delle tavole
14
Vedi a tale proposito gli studi commisisonati da “Coordination Technique pour l'Industrie Agro-alimentaire
(ACTIA)” e “ ITFF (French Technical Institute for Cheesemaking)”
15
http://www.inra.fr/en/Partners-and-Agribusiness/Results-Innovations-Transfer/All-the-news/Cheese-ripening-
shelves-surface-biofilms-inhibit-Listeria-monocytogenes
16
Claire Mariani, Ecologie microbienne des biofilms présents à la surface des planches d'affinage en bois de l'AOC
"Reblochon de Savoie" et effet inhibiteur vis à vis de Listeria monocytogenes, Life Sciences [q-bio]. ENSIA (AgroParisTech),
2007
Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA)
9
tra due cicli di produzione, una fase in cui il rischio di introdurre Listeria monocytogenes in celle di
maturazione è la più alta. La plausibile spiegazione è in una competizione nutrizionale delle flora
microbica in grado di inibire la crescita di Listeria monocytogenes.
In particolare i dati di Mariani e coll.
dimostrano che se i ripiani in legno per
l’affinatura dei formaggi sono tenuti in
buone condizioni e vengono
accuratamente disinfettati ricorrendo
al trattamento termico, le cariche
vengono completamente abbattute.
Chiaramente l’effetto inibitorio si
riscontra in corso di maturazione dei
formaggi, mentre l’uso dei ripiani per
formaggi freschi non troverebbe in
(Modificato da Eric Notz – 2013)
questo un sostegno. I ricercatori, quindi, sostengono che non vi sia alcuna ragione per sostituire il
legno impiegato nel processo di maturazione del formaggio con altri materiali.
Va poi evidenziato che per l’uso tecnologico non si usano tavole piallate di legni duri, ma, nel caso
degli studi qui accennati, tavole di abete rosso grezze, che meglio consentono l’adesione del
biofilm.
L’effetto tecnologico, inoltre, lo si ottiene anche nella fase iniziale, rispetto a quanto abbiamo visto,
ossia con l’utilizzo delle tine in legno che fungono da veri e
propri innesti.
Vi sono diversi studi17
che evidenziano il ruolo del biofilm nel
rilasciare quantitativi significativi (fino a 6 log/ml batteri
lattici) di lattobacilli da indurre la caseificazione anche in latti
microfilmarti, dopo solo pochi minuti di contatto.
L’assoluta dominanza dei batteri lattici sui gruppi di batteri
alterativi e/o potenziali patogeni raggiunge concentrazioni tali
da minimizzare i rischi di alterazione della produzione o di
patogenesi del consumatore.18
17
Giuseppe Licitra, Caseus Anno XV n.2 marzo/aprile 2010
18
Bonanno – Di Grigoli – Settanni - Dipartimento DEMETRA dell’Università di Palermo.
Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA)
10
Si è infatti visto che contaminando il latte con Listeria monocytogenes e Staphilococcus aureus
nelle tine e nei formaggi non ne presentavano più traccia. 19
Vi sono ricerche infatti che confermerebbero una significativa azione inibente nei confronti di L.
monocytogenes da parte delle flore lattiche. I ricercatori sono portati a spiegare questo effetto
mediante un meccanismo di competizione nutrizionale che sottrarrebbe nutrienti a Listeria
monocytogenes (effetto Jameson)20
Le operazioni di pulizia ed asciugatura delle tavole d’affinatura dei formaggi vengono fatte con
diversi metodi come ad esempio ponendole in stufe a 90°C per 3 ore , oppure in apposite vasche di
scottatura; nei casi di accertata contaminazione da L.m. le industrie produttrici utilizzano forni
industriali a microonde o mediante l’uso di vapore per oltre 24 ore.
Anche per il vino il legno può esercitare un ruolo funzionale tecnologico: è il caso dei c.d. vini
barricati, lasciati cioè a maturare in botti di legni particolari che cedono al vino aromi ed odori
particolarmente ricercati. Le fibre lignee hanno lo scopo di ritardare l’invecchiamento del vino
mediante processi ossidoriduttuivi. Va da sé che quanto più
giovane è il legno quanto più cederà al vino stesso, che
quindi potrà assumere sapori che richiamano la vaniglia
anziché il tostato anziché o l’affumicato ottenuto trattando il
legno con una fiamma prima dell’introduzione del vino.
Queste modifiche organolettiche vengono ottenute anche
aggiungendo trucioli di legno, nelle vasche di maturazione
del vino.
I problemi nell’uso dei contenitori di legno per il vino sono , a differenza di quanto abbiamo visto
per formaggi o altri alimenti di origine animale, nella formazione di biofilm all’interno dei quali
rimangano lieviti in grado di alterare negativamente il vino stesso, come nel caso di Brettanomyces.
Un altro aspetto che merita di essere valutato riguarda la tossicità o meno del legno in condizioni
d’utilizzo nel settore alimentare. Il fatto che tale materiale possa rilasciare molecole che modificano
e/o intereagiscono con il prodotto è un aspetto considerato ed auspicato per le produzioni di vino,
19
Didienne R,Defargues C,Callon C,Meylheuc T,Hulin S,Montel MC. Characteristics of microbial biofilm on wooden
vats ('gerles') in PDO Salers cheese - Int J Food Microbiol. 2012 May 15;156(2):91-101
20
Guillier L, Stahl V, Hezard B, Notz E, Briandet R, Modelling the competitive growth between Listeria m. and biofilm
microflora of smearcheese wooden shelves.,Int J Food Microbiol. 2008 Nov 30;128(1):51-7
Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA)
11
così come si è visto21
che certe varietà sono in grado di rilasciare dei polifenoli con nota azione
battericida. Gli stilbeni di pinosilvina, la sua etere monometil e piceatannolo hanno dimostrato una
chiara attività antimicrobica, che nel caso di pinosilvina era presente anche in matrici alimentari
come crauti, salmone e confettura di frutta, ma non nel latte. Si tratta di polifenoli come la
pinosilvina contenuta nei legni di pino rosso che vengono usati per le assi di affinamento dei
formaggi dell’alta Savoia. Viceversa alcuni legni sono noti perché contenenti sostanze tossiche: si
tratta per lo più di legni di provenienza esotica, ma anche l’oleandro, il tasso, il ginepro,
l’ippocastano, ecc.
In internet è possibile trovare una lista dei legni tossici e del loro utilizzo su:
http://www.hse.gov.uk/pubns/wis30.pdf .
Per la bibliografia:
manlio.dellaciana@auslromagna.it
21 Plumed-Ferrer C, Väkeväinen K, Komulainen H, Rautiainen M, Smeds A, Raitanen JE, Eklund P, Willför S,
Alakomi HL, Saarela M, von Wright A , The antimicrobial effects of wood-associated polyphenols on food pathogens
and spoilage organisms., nt J Food Microbiol. 2013 Jun 3;164(1):99-107

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Il legno nell'industria alimentare

  • 1. Il legno nell’industria alimentare Manlio Della Ciana, luglio 2015 manlio.dellaciana@auslromagna.it E’ opinione diffusa che il legno non sia compatibile con l’industria alimentare se non a sostegno ad esempio di alimenti già imballati e trasportati quindi su pallets di legno. A ben guardare tuttavia ci si rende conto come il legno sia presente in diverse lavorazioni proprio per alcune peculiarità insite in questo materiale e ricercate per la produzione degli alimenti, si pensi all’affinatura in barriques del vino, ma non solo. Nella legislazione europea non esistono disposizioni specifiche relative all’uso del legno , né il pacchetto igiene si occupa del problema in particolare, ma con norme finalistiche richiede che le superfici a contatto con alimenti non siano fonte di contaminazione diretta ed indiretta. La normativa relativa ai materiali a contatto si rifà ad un regolamento del 2004, il numero 1935 che per l’appunto si riferisce al principio della non contaminazione. Non vi sono quindi divieti specifici all’uso del legno, ma solo studi e linee guida all’utilizzo del legno in ambiente alimentare. Va detto che nessun materiale riassume si di sé tutte le caratteristiche di idoneità, ma queste dovrebbero essere considerate in considerazione degli usi specifici. Il legno, come molti altri materiali, interagisce con l’alimento e/o con il processo produttivo alimentare e questo è un aspetto non trascurabile che andrebbe sempre considerato, sia per gli effetti positivi che negativi che tale interazione può avere. Chi lavora nell’industria casearia o comunque in attività produttive ove siano ricercate delle fermentazioni sa che l’utilizzo di legni “stagionati” favorisce il processo di maturazione virtuoso dei prodotti, si viene cioè a creare un ecosistema residente che rappresenta un patrimonio importante delle sale di stagionatura, mentre al contrario l’effettuazione di stagionatura in ambienti asettici comporta il rischio che nel prodotto prendano il sopravvento fenomeni negativi, talvolta gravi ed irrimediabili. Al tempo stesso la presenza di superfici lignee non trattate o mal tenute rappresenta un rischio per l’introduzione di muffe e corpi estranei in ambiente ove si lavora l’alimento. Gli aspetti che si considerano per la scelta delle superfici a contatto devono tenere conto: − della destinazione d’uso del materiale:di sostegno, per il taglio o per il confezionamento; − delle caratteristiche intrinseche al materiale quali la porosità, la capacità di assorbire, la durezza; − della durata e della necessità di manutenzione; − della sanificabilità delle superfici; − della natura dell’alimento con cui verranno a contatto: liquidi o solidi, grassi oppure no, ecc.; − del costo;
  • 2. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 2 L’uso del legno nell’industria alimentare in questi anni è molto diminuito, in quanto trattandosi di materiale assorbente, dove è possibile che i batteri rimangano intrappolati e quindi siano fonte di cross contamination, si è preferito generalmente ricorrere a vari polimeri plastici ritenendo che possedessero tutti i vantaggi del legno, ma non i suoi svantaggi. In effetti i polimeri plastici sono stati utilizzati per sostituire il legno in molte fasi del processo produttivo alimentare, confinando l’uso del legno per lo più alle fasi di palletizzazione dei prodotti imballati o,in taluni casi, a packaging ortofrutticolo. Tra i polimeri plastici più frequentemente utilizzati sono stati considerati il polietilene (PE) il polistirene (PS) il poliacrilico (PA), il polipropilene (PP), il cloruro di polivinile (PVC), il Teflon ed il Plexiglass. Le proprietà di tali materiali, infatti, ben si adattano al loro utilizzo sia come superfici a contatto che non a contatto: si pensi ai nastri trasportatori, alle superfici di taglio e ai supporti per la palettizzazione. La ridotta propensione alla rottura, alla deformazione o a piegarsi e la facilità di pulizia sono state le caratteristiche verso cui ci si è indirizzati per la loro scelta, anche se poi ci si è resi conto con se usurate, anch’esse risultano di difficile sanificazione e necessitano quindi di manutenzione e periodica levigatura o sostituzione. In alternativa ai polimeri, inoltre, l’industria alimentare ha fatto ricorso anche all’uso dell’acciaio e della gomma dura. Le caratteristiche che hanno fatto scegliere il legno e che sono ricercate sono date dalla sua durabilità, dalle buone prestazioni e dai bassi costi, tuttavia si tratta di materiale poroso ed assorbente e poco adatto a venire a contatto con sangue, grasso o alimenti bagnati/umidi. Per alcuni tipi di legno,inoltre, sono stati evidenziate la possibilità per la loro sanificazione: si tratta di legni di acero, frassino, tiglio, faggio, betulla, noce americano, ciliegio, rovere. Sono stati fatti studi1 comparativi su taglieri per la carne di vari tipi di legno e polimeri plastici, immergendoli in acqua calda (45-50°C) con un detergente anionico e si è riscontrato che quelli plastici erano puliti meglio, anche se all’interno delle fessure di taglio la differenza di contaminazione, dopo la pulizia non era così diversa. In letteratura2 , tuttavia, sono stati presentati lavori di comparazione tra i diversi materiali usati nell’industria delle carni che hanno rovesciato questo primo screening a favore del legno; confrontando taglieri di legno e di Polietilene (PE) dopo loro contaminazione con carne cruda si è dimostrato non esserci differenza. Probabilmente i diversi esiti delle ricerche rappresentate in letteratura sono da mettersi in relazione allo stato delle superfici testate, che fossero o meno danneggiate dall’uso. 1 Gilbert & Watson, 1971 2 Miller e al., 1996
  • 3. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 3 In effetti per capire meglio questo problema è necessario comprendere come la struttura del legno sia una struttura orientata e quindi in grado di reagire diversamente alla penetrazione dell’acqua a seconda di come venga presentata. Si è visto3 che una superficie ottenuta per taglio longitudinale (che mostra quindi gli anelli di crescita del legno) assorbe molto l’umidità rispetto a quella ottenute con sezione radiale; intermedio è l’assordimento delle superfici ottenute con taglio tangenziale. Per tale motivo le ceppaie che mostrano le fibre secondo il taglio in sezione longitudinale (anelli di crescita) possono consentire la penetrazione batterica anche per alcuni centimetri di profondità. Questo diverso comportamento delle fibre rispetto alla capacità di assorbimento prende il nome di anisotropia; l’igroscopicità, a parità di sezione di taglio, varia secondo il tipo di legno. Un altro aspetto interessante relativo all’uso del legno è emerso quando si è visto che legni contaminati in laboratorio mostravano dopo poco la scomparsa dei batteri contaminanti, forse per effetto di un loro intrappolamento nella struttura fibrosa o per proprietà battericida insite nel legno stesso. Gli studi4 5 condotti per verificare eventuali proprietà battericide delle diverse tipologie di legno, pur evidenziando come certi legni , ad esempio di acero, pino e quercia, piuttosto che di ciliegio, abbiano una azione battericida nei confronti di germi come E.coli O157:H7, in realtà il meccanismo d’azione sembra sia da ricercarsi attraverso una inibizione fisica piuttosto che chimica e certamente più efficace per superfici già bagnate piuttosto che secche, poiché queste ultime sono più assorbenti. L’aderenza batterica sulle superfici lignee pre inumidite è analoga a quella delle materie plastiche6 . 3 Kampelmacher e al., 1971 4 Galluzzo & Cliver, 1996 5 Milling A. , Kehr R., Wulf A., Smalla K,, 2005 6 Abrishami e al., 1994
  • 4. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 4 Alcuni studi7 suggeriscono che il decremento dei germi inoculati su superfici lignee sia decisamente maggiore rispetto a superfici plastiche non porose ne assorbenti, anche se le operazioni di pulizia semplice (detersione e risciacquo) per superfici lignee sono meno efficaci, se non si utilizzano anche sistemi di rimozione meccanica. Qualcuno8 ha anche messo in evidenza come nelle cucine laddove si utilizzano ripiani di legno piuttosto che di plastica o vetro sono minori i rilevamenti per Salmonella spp. Forse per un duplice meccanismo di inclusione dei germi e di rapida essicazione dei liquidi su dette superfici rispetto a quelle non porose e non assorbenti. La ricerca ha anche evidenziato come tale effetto sia indipendente dall’età del legno e sia molto evidente nelle prime 2 ore dall’inoculo, mentre successivamente non si notano grandi differenze tra superfici lignee e polimeriche (PE); differenze sono possibili anche a seconda della qualità del legno: i legni duri come l’acero, o il faggio presentano tagli meno profondi dopo l’uso rispetto a legni dolci come il cipresso o l’abete. Direi in conclusione che le evidenze fin qui raccolte suggeriscono che a differenza di una opinione assai diffusa non vi siano differenze particolarmente significative che facciano propendere l’utilizzo delle materie plastiche a favore del legno. La comparazione degli esiti dei tamponi di superficie effettuati su cassette di plastica (PE) e di legno (pino) ha evidenziato analoghe presenze batteriche, ovvero di Escherichia, Clostridium perfringens, Enterococchi, Pseudomonas e Bacillus cereus. La prevenzione da possibili proliferazioni batteriche, quindi, è possibile gestendo correttamente le pratiche di sanificazione delle superfici, lignee o meno che siano, e la loro manutenzione. La scelta del materiale delle superfici a contatto, quindi, deve essere fatta sulla base della destinazione d’uso di tali superfici e certamente il legno quale materiale per certi utilizzi, non solo di packaging, può rappresentare una scelta corretta, in quanto ad esempio, rispetto a superfici polimeriche tendono a “bonificarsi” prima da eventuali contaminazioni batteriche mediante un meccanismo di cattura attraverso una azione capillare (nei legni duri a grana fine) e di più rapida asciugatura. Il legno (duro) viene utilizzato quindi per i contenitori per la salatura a secco, come taglieri di piccole dimensioni mantenuti levigati. La sanificazione e pulizia delle superfici di legno così come la loro manutenzione richiedono tuttavia una attenzione diversa rispetto ad altri materiali, poiché il legno si deteriora rapidamente se trattato in lavastoviglie, in acqua calda con sostanze a base di cloro: è necessario utilizzare disinfettanti a base di sali quaternari di ammonio e riporre tali materiali in maniera che scolino e si asciughino il più rapidamente possibile. 7 Revoll-Juelles, 2005 8 Park e Cliver, 1996
  • 5. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 5 I taglieri in legno devono essere strofinati con una spazzola di nylon e poi lavati con detergenti atossici, oppure con un getto ad alta pressione. Alcuni ricercatori suggeriscono l’uso di micronde per una loro completa sanificazione. Va applicata anche una soluzione disinfettante (evitando l’immersione), seguita da risciacquo. I macellai che utilizzano ceppaie di legno hanno sempre avuto l’abitudine di spargere del sale grosso sulle superfici del ceppo per impedire il formarsi di cattivi odori: in effetti il sale ha la funzione di estrarre l’umidità dal legno accelerando l’asciugatura e bloccando quindi la proliferazione batterica che è alla base del cattivo odore. Dando uno sguardo alla letteratura ed agli indirizzi più comuni per la sanificazione degli ambienti alimentari si scopre comunque che il legno in quanto tale viene destinato per lo più al packaging, mentre se possibile viene escluso dalle zone ove gli alimenti vengono processati con poche eccezioni. Anche nel settore enologico, la conservazione del vino viene proposta per lo più in contenitori di acciaio o fibro-resina, evidenziando come l’invecchiamento in barriques si renda necessario solo per il suo affinamento. Nella produzione lattierocasearia (parmigiano, grana, fontina, ecc.) e talvolta in stabilimenti di stagionatura prosciutti e salumi non è raro trovare scalere in legno su cui i prodotti sono collocati o ancora in preparazioni artigianali quali le camere di stagionatura del formaggio di fossa . La FDA americana a seguito del Food Safety Modernization Act del 2011 aveva diramato una nota al Dipartimento di Stato di NY in cui si affermava che “la struttura porosa del legno lo porta ad assorbire e trattenere batteri, che poi colonizzano non solo la superficie ma anche la struttura profonda del legno. Gli scaffali di stagionatura, a contatto diretto con il prodotto finale, potrebbero di conseguenza essere una potenziale fonte di microorganismi patogeni nei formaggi” Va da sé che i produttori di formaggio americani (ma anche europei) hanno rigettato tale indicazione perché non sufficientemente sostenuta sul piano scientifico, costringendo la FDA ad attestarsi su posizioni più possibiliste, valutando lo stato di manutenzione e di pulizia in relazione all’uso caso per caso. Va detto che comunque non è sempre facile far passare il concetto che la sicurezza alimentare passa anche attraverso la stabilizzazione delle flore batteriche in un prodotto a seguito dell’interazione di vari parametri (umidità, pH e flore batteriche residenti) e quindi non necessariamente dalla sterilizzazione ambientale: laddove si instaurano flore batteriche e fungine favorevoli, infatti, non si sviluppano patogeni. Ovviamente quest’ultimo ragionamento non può assolutamente giustificare situazioni antigieniche e il mancato mantenimento in buone condizioni del legno nelle produzioni alimentari.
  • 6. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 6 L’utilizzo del legno nelle produzioni alimentari la ritroviamo o come utensili di lavorazione (ceppi, presse,taglieri, secchi, utensili, pallets, ecc.) oppure quale ausili tecnologici (assi di affinaggio dei formaggi, barriques per il vino, tinozze per l’inoculo del formaggio) o ancora come materiale di imballaggio e confezionamento (cassette per la frutta o per prodotti della pesca o contenitori per formaggi francesi tipo Rebochon o Brie, ecc.). Il legno destinato ad utensili e imballaggio: che si tratti di taglieri o di mestoli o ancora di supporti per la pallettizzazione e contenitori di alimenti è evidente che gli aspetti legati alla loro igienizzazione e sanificazione diventano preponderanti. Abbiamo visto come la ricerca ha evidenziato la sovrapponibilità d’uso rispetto ad utensili polimerici qualora tali materiali siano ben tenuti e sanificati in maniera appropriata e come altrettanto importante sia la resistenza di tali superfici a tagli più o meno profondi. Nel caso dei taglieri la stessa modalità di pulizia, preceduta dall’asportazione meccanica del materiale organico contaminante e dal ricorso all’effetto sanificante dei Sali quaternari d’ammonio seguita da risciacquo e asciugatura, garantisce nel tempo la superficie; importante sarà quindi anche il tipo di legno, da preferirsi duro9 (acero, faggio, olivo,ecc.) a legni dolci come quelli di abete o cipresso, così come la disposizione delle fibre ottenute preferibilmente per taglio longitudinale. Le superfici poi soggette a tagli devono essere soggette con frequenza a piallatura, per ridurre il più possibile il formarsi di nicchie poco sanificabili. Alcuni legni vengono poi trattati con olii minerali che hanno lo scopo di mantenere elastiche le fibre del legno ed al contempo di migliorarne l’impermeabilità. La legislazione non prevede obblighi di certificazione per gli utensili in legno (ad eccezione dell’uso della fibra di legno) ma comunque devono soddisfare la rintracciabilità ed essere scortati da dichiarazione di conformità10 ai requisiti; in sintesi devono sottostare agli obblighi comuni di tutti gli utensili per uso alimentare11 ,ovvero: non devono cedere sostanze nocive, non devono comportare alterazioni inaccettabili all’alimento e non devono provocarne un deterioramento organolettico. La dichiarazione di cui sopra emessa dal produttore identifica il bene, il materiale, le 9 Dalle linee guida ISS: “Le specie legnose utilizzate per realizzare le due tipologie di superficie di lavorazione (tagliere o ceppo/ceppaia) sono rappresentate di solito da latifoglie, cioè legni duri. In particolare si utilizzano carpino bianco (Carpinus betulus L.), faggio (Fagus sylvatica), acero montano (Acer pseudoplatanus L.), robinia (Robinia pseudoacacia L.), ciliegio (Prunus avium L.), noce (Juglans regia L.). In Italia, per la produzione del tagliere professionale si ricorre soprattutto a: – carpino bianco; – acero montano; – faggio; – robinia.” Si tratta di specie (carpino ed acero) che per durezza e per l’assenza di resine si prestano particolarmente bene alla produzione di taglieri e ceppi. 10 Reg.CE 1935/2004, art.5 e 16 11 Reg. Ce 1935/2004, art. 3.
  • 7. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 7 norme di cui dichiara la conformità ed eventuali limitazioni all’uso. I produttori sono tenuti ad avere un sistema di rintracciabilità di tali prodotti. Si tenga poi conto che dal 1° agosto 2008 è entrato in applicazione il regolamento 2023/06, il cui campo di applicazione prescrive che i materiali e gli oggetti devono essere prodotti conformemente alle buone pratiche di fabbricazione. In buona sostanza il regolamento 2023/06/CE stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione, per i materiali e di oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti e si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti. Nell'ambito dei materiali e oggetti si intende anche il packaging destinato al confezionamento e al contenimento dei prodotti alimentari. Rientrano, pertanto le cassette in legno destinate al contenimento e al trasporto di derrate alimentari, i taglieri in legno, altri prodotti in legno che vanno a contatto con gli alimenti, i tappi in sughero. L’ Istituto Superiore di Sanità nel 2009 ha fornito un documento12 intitolato “Linee guida per l’applicazione del Regolamento 2023/2006/CE alle filiere di produzione dei materiali e oggetti destinati a venire in contatto con gli alimenti”,che rappresenta quindi un riferimento per i produttori. Per quello che riguarda le aziende produttrici13 quindi devono garantire la tracciabilità dei prodotti, emettere le dichiarazioni di conformità e documentare la gestione del controllo di processo. Non esiste comunque un obbligo di applicare il marchio del bicchiere e della forchetta o dichiarazioni per l’uso alimentare (“per contatto con prodotti alimentari”) su oggetti che per loro caratteristiche sono chiaramente destinati a venire a contatto con gli alimenti, come lo sono ad esempio gli imballaggi in legno per i prodotti ortofrutticoli o ii taglieri o i ceppi di legno, mentre tale obbligo permane su quelle superfici di legno di oggetti o materiali che non sono mai venuti a contatto con alimenti al momento dell’immissione sul mercato. A mio modo di vedere, tuttavia, l’apposizione del marchio potrebbe risolvere tante incomprensioni che possono venirsi a creare con gli organi di controllo durante le verifiche. Esistono comunque anche degli standard volontari per l’utilizzo del legno tra cui la EN 15593:2008 (è la prima norma europea volontaria che regola la gestione dell’igiene nella produzione degli imballaggi per alimenti) che indica i requisiti che servono ad un sistema di gestione dell’igiene 12 http://www.iss.it/binary/publ/cont/09_33_web.pdf 13 In caso di controllo da parte delle autorità competenti, per poter disporre di alcuni elementi di base ai fini della dimostrare dell'applicazione del regolamento 2023/06/CE, il Consorzio Servizi Legno e Sughero consiglia di avere e rendere disponibili alle autorità preposte: 1. Documentazione attestante il sistema di rintracciabilità; 2. Documentazione attestante la conformità a contatto alimentare delle materie prime; 3. Dichiarazioni di conformità dei prodotti in legno e sughero per i clienti; 4. Supporto cartaceo o informatico della legislazione di riferimento. La documentazione deve essere debitamente registrata, archiviata e deve essere aggiornata e di ciò ne deve essere data evidenza.
  • 8. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 8 specifico per produttori e fornitori di imballaggi per alimenti, e riguarda anche le fasi di stoccaggio e trasporto. Anche questa norma considera tra i requisiti necessari: - l'adozione nell'azienda di un sistema di gestione per l’igiene e la sicurezza dei materiali per gli alimenti; - la conformità ai requisiti di igiene e sicurezza previsti dalla normativa vigente; - l’applicazione di pratiche igieniche specifiche ed integrate da parte dell'azienda, che è inserita nella filiera alimentare (tracciabilità); - l’applicazione dei principi di analisi e valutazione dei rischi; - la valutazione di contaminanti fisici, chimici, biologici. E può soddisfare o in taluni casi integrare un altro standard volontario, quello del BRC Global Standard for Packaging and Packaging Materials (BRC IoP), che richiede : - l'adozione di un sistema formale di analisi dei rischi; - la realizzazione di un sistema di gestione documentato; - il controllo della produzione a livello di procedure, prodotti, processi e personale dedicato. I legni utilizzati per uso tecnologico: sebbene possano applicarsi analoghe considerazioni relativamente alle caratteristiche di tali legni è necessario premettere che per quest’uso è importante la funzione ausiliare, che interagisce sostanzialmente con il prodotto alimentare stesso. I settori di studio di questo aspetto che rendono il legno voluto in alcune preparazioni riguardano soprattutto il settore enologico e quelle legato alla produzione dei formaggi, durante la fase si maturazione. A tale proposito è stato condotto uno studio14 in Francia dal 1997 al 2006 per studiare questo aspetto nella produzione casearia con il quale sono stati evidenziati i vantaggi tecnologici ed anche gli aspetti critici legati alle difficoltà di sanificazione delle assi di appoggio dei formaggi. Tralasciando gli aspetti tecnologici ricercati dai produttori quello che è interessante evidenziare è il ruolo esercitato dal bio film che si viene a formare sulle superfici a contatto sia nel caso dei formaggi che dei prodotti enologici (vino): si è visto15 infatti che nelle condizioni di buona produzione tali biofilm non solo indirizzano le flore microbiologiche ma esercitano un effetto inibente nei confronti anche di patogeni come Listeria monocytogenes. Si è notato16 , tra le altre cose, come tale effetti inibente sia ottimale dopo le operazioni di pulizia ed asciugatura delle tavole 14 Vedi a tale proposito gli studi commisisonati da “Coordination Technique pour l'Industrie Agro-alimentaire (ACTIA)” e “ ITFF (French Technical Institute for Cheesemaking)” 15 http://www.inra.fr/en/Partners-and-Agribusiness/Results-Innovations-Transfer/All-the-news/Cheese-ripening- shelves-surface-biofilms-inhibit-Listeria-monocytogenes 16 Claire Mariani, Ecologie microbienne des biofilms présents à la surface des planches d'affinage en bois de l'AOC "Reblochon de Savoie" et effet inhibiteur vis à vis de Listeria monocytogenes, Life Sciences [q-bio]. ENSIA (AgroParisTech), 2007
  • 9. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 9 tra due cicli di produzione, una fase in cui il rischio di introdurre Listeria monocytogenes in celle di maturazione è la più alta. La plausibile spiegazione è in una competizione nutrizionale delle flora microbica in grado di inibire la crescita di Listeria monocytogenes. In particolare i dati di Mariani e coll. dimostrano che se i ripiani in legno per l’affinatura dei formaggi sono tenuti in buone condizioni e vengono accuratamente disinfettati ricorrendo al trattamento termico, le cariche vengono completamente abbattute. Chiaramente l’effetto inibitorio si riscontra in corso di maturazione dei formaggi, mentre l’uso dei ripiani per formaggi freschi non troverebbe in (Modificato da Eric Notz – 2013) questo un sostegno. I ricercatori, quindi, sostengono che non vi sia alcuna ragione per sostituire il legno impiegato nel processo di maturazione del formaggio con altri materiali. Va poi evidenziato che per l’uso tecnologico non si usano tavole piallate di legni duri, ma, nel caso degli studi qui accennati, tavole di abete rosso grezze, che meglio consentono l’adesione del biofilm. L’effetto tecnologico, inoltre, lo si ottiene anche nella fase iniziale, rispetto a quanto abbiamo visto, ossia con l’utilizzo delle tine in legno che fungono da veri e propri innesti. Vi sono diversi studi17 che evidenziano il ruolo del biofilm nel rilasciare quantitativi significativi (fino a 6 log/ml batteri lattici) di lattobacilli da indurre la caseificazione anche in latti microfilmarti, dopo solo pochi minuti di contatto. L’assoluta dominanza dei batteri lattici sui gruppi di batteri alterativi e/o potenziali patogeni raggiunge concentrazioni tali da minimizzare i rischi di alterazione della produzione o di patogenesi del consumatore.18 17 Giuseppe Licitra, Caseus Anno XV n.2 marzo/aprile 2010 18 Bonanno – Di Grigoli – Settanni - Dipartimento DEMETRA dell’Università di Palermo.
  • 10. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 10 Si è infatti visto che contaminando il latte con Listeria monocytogenes e Staphilococcus aureus nelle tine e nei formaggi non ne presentavano più traccia. 19 Vi sono ricerche infatti che confermerebbero una significativa azione inibente nei confronti di L. monocytogenes da parte delle flore lattiche. I ricercatori sono portati a spiegare questo effetto mediante un meccanismo di competizione nutrizionale che sottrarrebbe nutrienti a Listeria monocytogenes (effetto Jameson)20 Le operazioni di pulizia ed asciugatura delle tavole d’affinatura dei formaggi vengono fatte con diversi metodi come ad esempio ponendole in stufe a 90°C per 3 ore , oppure in apposite vasche di scottatura; nei casi di accertata contaminazione da L.m. le industrie produttrici utilizzano forni industriali a microonde o mediante l’uso di vapore per oltre 24 ore. Anche per il vino il legno può esercitare un ruolo funzionale tecnologico: è il caso dei c.d. vini barricati, lasciati cioè a maturare in botti di legni particolari che cedono al vino aromi ed odori particolarmente ricercati. Le fibre lignee hanno lo scopo di ritardare l’invecchiamento del vino mediante processi ossidoriduttuivi. Va da sé che quanto più giovane è il legno quanto più cederà al vino stesso, che quindi potrà assumere sapori che richiamano la vaniglia anziché il tostato anziché o l’affumicato ottenuto trattando il legno con una fiamma prima dell’introduzione del vino. Queste modifiche organolettiche vengono ottenute anche aggiungendo trucioli di legno, nelle vasche di maturazione del vino. I problemi nell’uso dei contenitori di legno per il vino sono , a differenza di quanto abbiamo visto per formaggi o altri alimenti di origine animale, nella formazione di biofilm all’interno dei quali rimangano lieviti in grado di alterare negativamente il vino stesso, come nel caso di Brettanomyces. Un altro aspetto che merita di essere valutato riguarda la tossicità o meno del legno in condizioni d’utilizzo nel settore alimentare. Il fatto che tale materiale possa rilasciare molecole che modificano e/o intereagiscono con il prodotto è un aspetto considerato ed auspicato per le produzioni di vino, 19 Didienne R,Defargues C,Callon C,Meylheuc T,Hulin S,Montel MC. Characteristics of microbial biofilm on wooden vats ('gerles') in PDO Salers cheese - Int J Food Microbiol. 2012 May 15;156(2):91-101 20 Guillier L, Stahl V, Hezard B, Notz E, Briandet R, Modelling the competitive growth between Listeria m. and biofilm microflora of smearcheese wooden shelves.,Int J Food Microbiol. 2008 Nov 30;128(1):51-7
  • 11. Manlio Della Ciana – AUSL della Romagna – 48018 Faenza (RA) 11 così come si è visto21 che certe varietà sono in grado di rilasciare dei polifenoli con nota azione battericida. Gli stilbeni di pinosilvina, la sua etere monometil e piceatannolo hanno dimostrato una chiara attività antimicrobica, che nel caso di pinosilvina era presente anche in matrici alimentari come crauti, salmone e confettura di frutta, ma non nel latte. Si tratta di polifenoli come la pinosilvina contenuta nei legni di pino rosso che vengono usati per le assi di affinamento dei formaggi dell’alta Savoia. Viceversa alcuni legni sono noti perché contenenti sostanze tossiche: si tratta per lo più di legni di provenienza esotica, ma anche l’oleandro, il tasso, il ginepro, l’ippocastano, ecc. In internet è possibile trovare una lista dei legni tossici e del loro utilizzo su: http://www.hse.gov.uk/pubns/wis30.pdf . Per la bibliografia: manlio.dellaciana@auslromagna.it 21 Plumed-Ferrer C, Väkeväinen K, Komulainen H, Rautiainen M, Smeds A, Raitanen JE, Eklund P, Willför S, Alakomi HL, Saarela M, von Wright A , The antimicrobial effects of wood-associated polyphenols on food pathogens and spoilage organisms., nt J Food Microbiol. 2013 Jun 3;164(1):99-107