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3. STORIA
• L'Art Nouveau ebbe il suo inizio nel
1880 e il suo acme tra il 1892 e il 1902.
Il nome Art Nouveau deriva da quello di
un negozio parigino, "Maison de l'Art
Nouveau", mantenuto da Sigfried Bing,
che sfoggiava alcuni oggetti dal design
innovativo.
• Un punto importante per l'evoluzione di
quest'arte fu l'Esposizione Universale
del 1900 a Parigi, nella quale lo 'stile
moderno' trionfò in ogni campo. Nella
decade a seguire, il nuovo stile venne
presto messo in commercio con prodotti
dozzinali diretti ad un pubblico di massa
a cui l'Art Nouveau si interesso'
all'incirca dal 1907 e a questo termine
venne attribuito un significato negativo.
4. CARATTERISTICHE
Una delle caratteristiche più importanti dello stile è l'uso di
una linea dinamica, ondulata, fluida, curva, con tratto "a
frusta". Iperbole e parabole venivano usate nell'arte.
Semplici figure sembravano prendere vita e evolversi
naturalmente in forme simili a piante o fiori. Come
movimento artistico l'Art Nouveau possiede alcune affinità
con i pittori Preraffaelliti e Simbolisti, e alcune figure come
Aubrey Beardsley, Alfons Mucha, Edward Burne-Jones,
Gustav Klimt, e Jan Toorop possono essere collocate in
più di uno di questi stili. Diversamente dai pittori simbolisti,
tuttavia, l'Art Nouveau possedeva un determinato stile
visivo; e al contrario dei Preraffaelliti che prediligevano
rivolgere lo sguardo al passato, l'Art Nouveau non si
formalizzava nell'adoperare nuovi materiali, superfici
lavorate, e l'astrazione al servizio del puro design. L'Art
Nouveau in architettura e design d'interni evitò lo
storicismo eclettico che permeava l'Epoca Vittoriana. Gli
artisti dell'Art Nouveau selezionarono e modernizzarono
alcuni tra gli elementi più astratti del Rococò, come
decorazioni di fiamme e conchiglie, al posto dei classici
ornamenti naturalistici Vittoriani. Prediligevano invece la
Natura per fonte di ispirazione ma ne stilizzarono
evidentemente gli elementi e ampliarono tale repertorio con
l'aggiunta di alghe, erba, insetti.
5. CARATTERISTICHE
Caratteristiche le forme organiche, le linee curve, con
ornamenti a predilezione vegetale, floreale ecc. Le stampe
giapponesi, con forme altrettanto curvilinee, superfici
illustrate, vuoti contrastanti, e l'assoluta piattezza di alcune
stampe, furono un'importante fonte di ispirazione. Alcuni
tipi di linee e curve divennero dei cliché, poi adoperati dagli
artisti di tutto il mondo. Altro fattore di grande importanza è
che l'Art Nouveau non rinnegò l'uso dei macchinari come
accadde in altri movimenti contemporanei, come quello di
Arts & Crafts, ma vennero usati e integrati nella creazione
dell'opera. In termini di materiali adoperati la fonte primaria
furono certamente il vetro e il ferro battuto, portando ad
una vera e propria forma di scultura e architettura. L'Art
Nouveau si configurò come stile ad ampio raggio, che
abbracciava i più disparati campi – architettura, design
d'interni, gioielleria, design di mobili e tessuti, utensili e
oggettistica, illuminazione, ecc. Oggi l'Art Nouveau è
considerata precursore dei movimenti più innovativi del
ventesimo secolo, come l'espressionismo, il cubismo, il
surrealismo, e l'Art Deco.
6. SETTORI
La lavorazione del vetro fu un campo in cui questo stile trovò una libera e grandiosa
forma espressiva— per esempio, i lavori di Louis Comfort Tiffany a New York o di
Émile Gallé e i fratelli Daum a Nancy in Francia. In gioielleria l'Art Nouveau ne
rivitalizzò l'arte, con la natura come principale fonte di ispirazione, arricchita dai nuovi
livelli di virtuosismo nella smaltatura e nell'introduzione di nuovi materiali, come opali
o pietre semipreziose. L'aperto interesse per l'arte giapponese e l'ancora più
specializzato entusiasmo per la loro abilità nella lavorazione dei metalli, promosse
nuove tematiche e approcci agli ornamenti. Per i primi due secoli l'accento fu posto
sulle gemme, specialmente sul diamante, e il gioielliere o l'orafo si occupavano
principalmente di incastonare pietre, per un loro vantaggio puramente economico.
Ma ora stava nascendo un tipo di gioielleria completamente differente, motivato più
da un'artista-designer che da un gioielliere in sola qualità di incastonatore di pietre
preziose. Furono i gioiellieri di Parigi e Bruxelles che crearono e definirono l'Art
Nouveau in gioielleria, e fu in queste città che vennero creati gli esempi più rinomati.
La critica francese dell'epoca fu concorde nell'affermare che la gioielleria stava
attraversando una fase di trasformazione radicale, e che la disegnatrice di gioielli
francese René Lalique ne era il fulcro. Lalique glorificò la natura nella sua arte,
estendendone il repertorio per includere nuovi aspetti— libellule o erba—, inspirati
dall'incontro tra la sua intelligenza e l'arte giapponese. I gioiellieri si dimostrarono
molto acuti nel richiamarsi con il nuovo stile ad una nobile tradizione guardando
indietro, al Rinascimento, con i suoi monili in oro lavorato e smaltato, e la visione del
gioielliere come artista prima che artigiano. Nella maggior parte delle opere di quel
periodo le pietre preziose retrocessero in un secondo piano. I diamanti furono per lo
più utilizzati con un ruolo secondario, accostati a materiali meno noti come il vetro,
l'avorio e il corno.
11. LOUIS COMFORT TIFFANY
L. C. Tiffany era figlio di Charles Lewis Tiffany, co-fondatore
della famosa società di gioielleria Tiffany & Co.. I suoi primi
studi artistici furono di pittura, allievo di George Inness e
Samuel Coleman a New York, e Léon Bailly a Parigi. All'età di
24 anni si interessò alla fabbricazione del vetro e nel 1885
fondò una propria azienda vetraria, dove ideò un processo
per la produzione di vetro opalescente che egli promuoveva,
quando altri artisti ritenevano migliore il vetro trasparente. Un
rivale di Tiffany su questo argomento fu il vetraio rivale John
La Farge. Entrambi i punti di vista erano motivati dagli ideali
del movimento Arts and Crafts fondato da William Morris in
Inghilterra. Nel 1893 la sua azienda introdusse una nuova
tecnica, Favrile, per realizzare per soffiatura a mano vasi e
coppe. Altra attività principale era la produzione di vetrate a
mosaico, ma la sua azienda progettava una gamma completa
di elementi di arredo. Egli dedicò tutta la sua competenza alla
decorazione della sua nuova casa a Laurelton Hall, sulla
Oyster Bay a Long Island, completata nel 1904. La casa fu
donata alla sua fondazione per gli studenti di arte assieme a
24,3 ha di terreno, ma venne distrutta da un incendio nel
1957. Tra le aziende fondate da Tiffany troviamo la L.C.
Tiffany & Associated Artists, la Tiffany Glass Company, i
Tiffany Studios, le Tiffany Furnaces, e le L.C. Tiffany
Furnaces. L. C. Tiffany divenne membro della Society of
American Artists nel 1877, della National Academy of Design
nel 1880, della American Water Color Society e della Societé
des Beaux Arts. Nel 1900 ricevette la carica di Cavaliere della
Legion d'Onore. Morì il 17 gennaio 1933 e venne sepolto nel
Green-Wood Cemetery a Brooklyn, New York, USA.
12. ERNESTO BASILE
• Ernesto Basile nacque a Palermo nel 1857. Nel
1890 succedette al padre nella cattedra
universitaria e, dopo la morte di lui (1891),
concluse l’opera più importante della Palermo
ottocentesca, il Teatro Massimo.
• La carriera d’architetto a Palermo comprende: Villa
Igiea (1899-1900), la Villa Florio dell’Olivuzza
(1899-1900), la casa Utveggio (1901-3), il villino
Fassini (1903) ora distrutto, il villino Basile
(1903-4). Molto attiva fu anche la partecipazione
del Basile alle numerose esposizioni sia come
progettista di padiglioni architettonici, sia
d’ambienti interni ed arredi singoli, avendo avviato
dal 1902 un sodalizio con la ditta palermitana
Ducrot. Nel 1902 è presente a Torino, nel 1906 a
Milano, nel 1911 a Roma e, dal 1903 al 1909, alle
Biennali di Venezia.
• Morì a Palermo nel 1932.
OPERE
14. PALAZZO MONTECITORIO
• Con l'Unità di Italia nel 1870 e il
trasferimento della capitale a
Roma, si scelse, dopo aver preso
in considerazione diverse
soluzioni, Montecitorio come
sede della Camera dei deputati.
• L'architetto Ernesto Basile
(esponente dello stile Stile
Liberty), provvide all'opera di
adeguamento del palazzo
berniniano alle necessità della
nuova destinazione con grossi
interventi di ampliamento e
ristrutturazione. A lui si deve il
Transatlantico (lungo e
imponente salone, centro
informale della vita politica
italiana).
16. VILLINO FLORIO
• viale Regina Margherita a
Palermo (1899): Ultimato nel
1902, come padiglione di
ricevimento per gli ospiti, il
villino interpretava le
aspirazioni di una raffinata
committenza alto-borghese
ad una propria nuova
immagine rappresentativa.
Gli interni sono stati distrutti
in un incendio nel 1962. Il
villino è stato restaurato di
recente;
17. ANTONI GAUDI
• Antoni Plàcid Guillem Gaudí i Cornet (così il suo
nome completo), cresciuto in una famiglia di
artigiani, si diplomò nel 1878 alla Scuola Superiore
di Architettura di Barcellona, ma già prima di
diplomarsi riuscì a lavorare con i migliori architetti
del tempo.
• Nello stesso anno a Parigi durante l'Esposizione
Universale avvenne l'incontro fondamentale per
Gaudì quello con l'industriale Eusebi Güell y
Bacigalupi, che sarà il suo principale mecenate
commissionandogli alcune delle sue più famose
opere.
• Il 7 giugno del 1926 fu investito da un tram. Il suo
miserevole aspetto ingannò i soccorritori, i quali lo
credettero un povero vagabondo e lo trasportarono
all'ospedale della Santa Croce, un ospizio per i
mendicanti fondato dai ricchi borghesi della
Catalogna. Fu riconosciuto soltanto il giorno
successivo dal cappellano della Sagrada Familia, e
morì il 10 giugno.
OPERE
18. GAUDI: OPERE
• Sagrada Família, Barcellona
• Casa Milà, Barcellona
• Parco Güell, Barcellona
• Palazzo Güell, Barcellona
• Casa Calvet, Barcellona
19. SAGRADA FAMILIA
• l progetto è basato sia sulle versioni ricostruite
dei progetti e dei modelli perduti (un incendio
nel 1936 distrusse molte tavole progettuali del
celebre architetto), sia su adattamenti
moderni.
• Ogni parte del disegno è ricca di simbolismi
cristiani mistici, in quanto Gaudí concepiva la
chiesa per essere "l'ultimo grande santuario
della cristianità". Gli aspetti che colpiscono di
più sono le sue torri affusolate. Un totale di 18
alte torri è previsto, rappresentanti in ordine
ascendente di altezza: i 12 apostoli, i 4
evangelisti, la Vergine Maria e, la più alta di
tutte, Gesù Cristo. Le torri degli evangelisti
saranno sormontate da sculture dei loro
simboli tradizionali: un uomo, un toro, un
aquila e un leone. La torre centrale del Cristo
sarà sormontata da una croce gigante:
l'altezza totale delle torri sarà inferiore di un
metro a quella del Montjuïc, poiché Gaudí
credeva che il suo lavoro non dovesse
sorpassare quello di Dio. Le torri più basse
sono sormontate da grappoli d'uva, che
rappresentano il frutto spirituale.
20. CASA MILA’
Situata sulla Rambla,Casa Milà appare
come un blocco monolitico,la facciata
porosa di pietra segue il profilo delle
strade, diventando arrotondata; i
balconi sono decorati da splendide
balaustre in ferro battuto. Inoltre vi
sono frequenti ripetizioni di
archi(catalano e parabolico), che sono
elementi originali di Gaudì e mosaici.
L'architetto catalano introduce
un'innovazione: i due cortili interni non
sono rettangolari, ma ovali, con le
pareti che si allargano salendo, per
cercare di raccogliere tutta la luce
possibile.Nella Casa Milà non c'è
simmetria; le proiezioni orizzontali dei
piani si differenziano l'una dall'altra.
Gaudì riesce a comporre in questo
modo lo spazio eliminando i muri
portanti, poggiando tutto su travi e
pilastri. Anche negli interni non ci sono
linee rette, e tutto è modellato in modo
plastico. L'elemento più originale e
Detta anche Pedrera (cava di pietra). straordinario, però, è il tetto, un grande
spazio percorribile, attraversato da
E' l'ultimo progetto civile che Gaudì realizza a Barcellona, ed è scalette e gradini che seguono i
l'opera che più rappresenta la sintesi del genio dell'autore; saliscendi, vigilato da torrette e
l'architetto utilizza infatti una tecnica geniale, ben studiata, ma i comignoli con la testa di guerrieri.
toni non sono quelli concitati delle altre opere.
ALTRE FOTO
24. PARCO GUELL
Il parco nasce dall'idea del committente Subito dopo si trova una scalinata adorna di fontane ed
di realizzare una città-giardino elementi decorativi, che porta al grande tempio in stile
sull'esempio di quelle inglesi, cioè centri dorico-floreale, la cui parte superiore è ornata da un
abitati dove sia possibile unire le case motivo rosso che diventa una lunga serie di sedili decorati
agli elementi naturali del luogo. Delle 60 da ceramiche policrome. Gaudì inserisce poi numerosi
case costruite, però, solo due sono state elementi architettonici che si confondono con il verde del
abitate (in una si trasferì Gaudì con la paesaggio, e che hanno lo scopo di unire l'opera umana a
famiglia), e il progetto venne quella della natura (creata da Dio). Questo è un tema
abbandonato nel 1914. ricorrente nell'arte di Gaudì, devoto e fedele della religione
Nello stesso anno il comune di cattolica.
Barcellona decide di cambiare il
progetto, e di affidare a Gaudì la
trasformazione della città-giardino in
parco pubblico. Nell'area destinata alle
case non fu costruito nulla; si costruì
solo nella parte destinata al tempo
libero, che, una volta ultimata, riscosse
un grande successo. Gaudì realizzò
quest'opera dando libero sfogo alla
propria fantasia, ricalcando la struttura di
un paesaggio naturale.Le mura di cinta
seguono il profilo sinuoso della
montagna su cui è costruito il parco, e
sono ricoperte con frammenti di
ceramica rossa e bianca, che ha lo
scopo di decorare, ma ha anche una
funzione protettiva, in quanto un muro
completamente liscio è molto difficile da
scalare. L'entrata è situata tra due
padiglioni, anch'essi decorati da
ceramiche colorate.
25. PALAZZO GUELL
E' la seconda opera che Gaudì realizza
per il suo mecenate, Eusebi Guell, che
voleva ampliare la residenza familiare
situata sulla Rambla. Palazzo Guell
risulta estremamente innovativo per
l'architettura adottata, i materiali utilizzati
e le preziose opere realizzate dagli
artigiani di quel periodo.
La facciata, gotica, non presenta alcuna
decorazione all'infuori dei due portali
parabolici dell'ingresso, lavorati in ferro
battuto, di grande forza espressiva.
Ad un esterno povero corrisponde un
interno sfarzoso, pieno di ricchezze
architettoniche che Gaudì realizza
unendo elementi gotici, rococò, arabi ed
egizi. Il palazzo è costruito su sei piani,
sviluppati attorno a tre elementi
importanti che sono la sala della musica,
il balcone per l'organo e la cappella.
26. CASA CALVET
Eretta tra il 1889 e il 1900, fu eletto
miglior palazzo dal Comune di
Barcellona nell’anno 1900.
Di ispirazione Barocca la casa, ma
soprattutto la facciata fu concepita
con un prospetto settecentesco,
mentre la facciata retrostante appare
più razionale e basata sulla semplicità
e sulla praticità.
L’interno presenta un grande e vasto
atrio dove ogni mobile e ogni
elemento è concepito come scultura:
qui Gaudì’ fa i primi esperimenti
sull’uso delle aggregazioni di ossa,
articolazioni, fossili come elementi di
decorazione che poi riprenderà
ampiamente in Casa Battlò 4 anni
dopo.
27. HECTOR GUIMARD
• Fin dai suoi studi d'architettura,
Guimard è sensibilizzato alle teorie di
Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc che
getta le basi, fin da 1863, dei futuri
principi strutturali dell'Art Nouveau. La
conversione di Guimard allo stile
stesso è da parte sua più
circostanziata: si fa in occasione di un
viaggio a Bruxelles, dove visita l'hotel
Tassel di Victor Horta. La
realizzazione più emblematica di
quest'epoca, il Castel Béranger
(1898), illustra questo momento di
transizione che vede la scossa tra
queste due eredità : sui volumi
geometrici d'ispirazione medioevale
della grande opera si sparge a
profusione la linea organica "in colpo
di frusta" importata dal Belgio.
• Muore nel 1942
OPERE
29. CASTEL BERANGER
Il Castel Béranger è
da molti considerato,
e non a torto, il
capolavoro di
Guimard
Folle a tal punto nel
suo mescolarsi di stili
che i contemporanei
lo soprannominarono
Castel Dérangé
(disturbato,
sottintendendo
mentalmente). E’
presente un
mescolarsi di stili, di
materiali e di forme,
inusuale anche per gli
sperimentatori dell'Art
Nouveau.
30. HOTEL GUIMARD
L'Hotel Guimard e stato costruito da
Guimard stesso all'interno della villa
Flora come sua residenza. Tra tanti
stupefacenti particolari c'è l'ingresso
tutto decorato con motivi fitomorfi.
Efficace come al solito, anche se
semplice e per nulla pesante il
movimento della facciata. Tipico
l'alternarsi di finestre di varie metrature.
Notevole la rottura col passato, che si
capisce anche dalle piccole scelte. Ad
esempio si osservino le finestre e i
balconi, a prescindere dalla tipica forma
curva che segue l'ondularsi della
facciata. Ogni finestra, ogni balcone è a
se stante, segue la sua funzione (vetrate
ai piani alti per lo studio dell'artista,
finestrelle per i bagni, ecc..), non
aderisce a un rigido schema fisso per
ogni piano.
31. ALFONS MUCHA
• Alfons Maria Mucha nasce a Ivancice, in Moravia. Nel 1879
si trasferisce a Vienna, dove lavora per un'importante
compagnia di design teatrale, accrescendo le sue
conoscenze tecniche e artistiche. Quando un incendio
distrugge le sue possibilità di lavoro, nel 1881, ritorna in
Moravia, dove svolge in proprio l'attività di decoratore e di
ritrattista. Nel 1887 Mucha si trasferisce a Parigi,
proseguendo i suoi studi presso l'Académie Julian e presso
l'Academie Colarossi, continuando al contempo a produrre
illustrazioni per riviste e manifesti pubblicitari. I lavori di
Mucha spesso raffigurano giovani donne in abiti dal taglio
neoclassico, circondate da motivi floreali che formano
cornici geometriche attorno alla figura. Il suo stile venne
subito imitato, nell'arte e nella pubblicità, con esiti Per molti anni si dedica
raramente all'altezza dell'originale. al completamento di
• Mucha vive negli Stati Uniti d'America dal 1906 al 1910, quello che è
quindi ritorna in Europa e si stabilisce a Praga. Cura le considerato il suo
decorazioni del Teatro delle Belle Arti e di altri importanti capolavoro, l"Epopea
palazzi praghesi. Quando la Cecoslovacchia, dopo la Prima Slava", una serie di
grandi dipinti che
Guerra Mondiale, ottiene l'indipendenza Mucha disegna descrivono la storia del
francobolli, banconote e altri documenti governativi per la popolo slavo. Muore a
neonata nazione. Praga il 14 luglio 1939.
OPERE
32. EDVARD MUNCH
• Munch è il pittore dell'angoscia, per sua ammissione gli unici temi che lo
interessano sono l'amore e la morte. L'ombra della morte lo accompagnerà lungo
l'arco della sua intera esistenza: muore la madre, mentre è ancora bambino, e,
adolescente, assiste alla morte della giovane sorella, logorata dalla tisi. Questi
episodi acuiranno la sua sensibilità nervosa, e ne influenzeranno già i primi
quadri.
• Frequenta l'Accademia di belle arti di Oslo (l'allora Christania), anche grazie a una
borsa di studio vinta per le sue capacità tecniche tutt'altro che comuni. Frequenta
l'ambiente bohemien di Oslo nel pieno del suo fermento culturale (non si
dimentichi che lo stesso Ibsen ne fece parte).
• Finita l'Accademia, si reca a Parigi, dove già le sue idee innovative si fanno piùà
vive e forti, fino a delinearsi in un quadro come "La Madonna", che, alla sua prima
mostra parigina, scandalizza l'intera opinione pubblica da un lato, e attira
comunque una piccola frangia di giovani artisti, dall'altro.
• L'uso dei colori, la potenza dei suoi rossi (non si dimentichi che spesso Munch
usa per la campitura dei quadri un nero perlaceo), la lucidità violenta con cui tratta
i suoi temi, lo porteranno ad essere il precusore, se non il primo degli
espressionisti (escludendo chi lo era ante litteram, Van Gogh)
• La fama non gli concede la felicità; cerca di attutire la sensibilità con l'abuso di
alcool; il periodo è travagliato, e si ricovera in una casa di cura per malattie
nervose. Famosa è una sua foto in cui seduto in un giardino, sferruzza con della
lana (una cura distensiva per chi soffriva di malattie nervose).
• La collezione più importante del suo lavoro si trova al Museo Munch a Tøyen
(Oslo, Norvegia), dove si trova anche la serie Il fregio della vita che Munch
realizzò intorno alla fine del XIX secolo, e cerca di dare conto della sua visione
vitale, intesa come il rigenerarsi di amore morte, dipingendo tele enormi.
• Alcuni dei suoi dipinti sono nella Galleria Nazionale della capitale norvegese, da
ricordare un sole enorme, tela che accoglie gli studenti dell'Università di Oslo.
OPERE
33. HENRI DE TOULOUSE-LAUTREC
• Nacque il 24 novembre 1864 ad Albi (Francia), figlio unico di
una delle famiglie dell’alta aristocrazia francese.
La sua infanzia fu segnata da una salute cagionevole che
derivava dal fatto che i suoi genitori erano cugini di primo
grado, quindi consanguinei.
Fu colpito da una rara malattia di malformazione ossea che
già all’età di dieci anni gli provocò forti dolori costringendolo al
ricovero in ospedale per un anno.
Nel 1882 si trasferisce a Parigi con la madre per studiare con
il pittore Léon Bonnat, uno dei pittori più illustri dell’epoca, per
poi passare nello studio di Fernand Cormon dove conobbe un
altro grande pittore Vincent Van Gogh.
• Nel 1886 collabora con diversi periodici parigini, come “Le
Mirliton”, il “Paris illustré” e “La Chronique médicale”,
realizzando disegni umoristici e d’ambiente.
• Nel 1891 diventa famoso in tutta Parigi grazie all’enorme
successo del suo primo manifesto realizzato per il Moulin
Rouge.
• Dopo aver trascorso l’inverno tra il 1900 ed il 1901 a
Bordeaux, ritornò a Parigi in aprile e completò alcune opere.
Il 15 luglio lasciò la capitale francese per l’ultima volta per
ritornare sulla costa, ma in agosto, mentre si trovava a
Taussat, il suo stato si aggravò e, dopo essere stato colpito
da un attacco di paralisi, chiese di essere portato al castello
di Malromé, una proprietà della famiglia vicino a Bordeaux,
dove abitava la madre.
• Henri morì il 9 settembre 1901.
OPERE
34. PIERRE BONNARD
Nasce a Fontenay-aux-Roses il 3 Ottobre del 1867.
Come molti altri pittori dello scorso secolo, frequenta la
facoltá di Diritto. A partire dal 1888 entra alla scuola di
Belle Arti dove conosce Vuillard e Roussel.
Presto debutta come litografo ed il suo talento come
illustratore di libri viene notato da "La Revue blanche",
tanto che nel 1891 invia delle tele al famoso "Salon des
Indépendants". Agli inizi preferisce ritrarre gli aspetti
della vita parigina, la Parigi di Mallarmé e di Verlaine.
Con il passare del tempo la sua attenzione si sposta
verso la campagna e le scene domestiche, tematica
comune a numerosi pittori, dopo Degas che l'ha diffusa
per primo. L´originalitá della sua pittura parte dal numero
dei colori, solo nove oltre al bianco, contro i dodici di
Seurat. La sua tavolozza si compone di due gialli,
arancione, rosso lacca carminio, blu, viola cobalto ed
oltremare, due verdi. La sua passione per i nuovi motivi lo
conduce in diverse regioni francesi, in giro per l´Europa, l
´Africa del Nord e gli Stati Uniti. I suoi quadri risentono
della luce "marina" della Normandia che diventa l
´assoluta protagonista delle sue tele, dove vibra in tutto lo
spazio compositivo, quasi un collante ai soggetti ritratti. Il
periodo della seconda guerra mondiale lo trascorre a Le
Cannet, nelle Alpi Marittime dove muore nel gennaio del
1947.
OPERE
35. MUCHA: OPERE
• Gismonda
• La Tosca
• Zodiaco
• Ritratto della figlia Jaroslava
• Donna con candela accesa
• Donna croata con mele
36. GISMONDA
Nel 1894, Mucha,
viene incaricato di
realizzare un poster per
pubblicizzare
"Gismonda", un'opera
teatrale di Victor
Sardou con
protagonista Sarah
Bernhardt, La finezza
del disegno convince
Sarah Bernhardt a
proporre a Mucha un
contratto della durata di
6 anni.
37. LA TOSCA
I due manifesti vengono ideati dal pittore moravo
durante la collaborazione, durata sei anni, con
l’attrice Sarah Bernhardt. Il primo manifesto
raffigura l’attrice nei panni d’Amleto nell’omonima
tragedia di Shakespeare. Nello sfondo si
intravede il fantasma del padre di Amleto, mentre
in basso, racchiusa in una cornice è
rappresentata la morte di Ofelia. Dalle fotografie
di scena, si nota che Mucha ha riprodotto
fedelmente la pettinatura dell’attrice, ma ha
semplificato il costume. La scena notturna dietro
l’eroe danese e il riquadro sottostante con Ofelia
morta, trattati come un cammeo in blu,
annunciano la decorazione del fregio superiore
del Padiglione della Bosnia-Erzegovina
all’Esposizione universale del 1900. La seconda
affiche viene eseguita nel 1899 per La Tosca di
Victorien Sardou. L’artista, che ritrae la Bernhardt
con un grande cappello, si servì quasi
sicuramente di una fotografia: simili sono, infatti,
l’acconciatura, la posa e l’espressione del volto.
Le uniche modifiche apportate sono nell’abito che
qui risulta più semplificato.
38. ZODIACO
Nel corso degli anni, di quest’opera
vengono fatti non meno di sette usi
differenti. Nata per essere pubblicata solo
come un calendario per Champenois,
viene acquistata dall’editore di “La Plume”
al quale piace così tanto che inizia subito a
pubblicizzarla all’interno del suo giornale.
Anche in questa litografia Mucha interpreta
il gusto e lo stile eclettico in voga in quegli
anni a Parigi, una tendenza nella quale si
fondono armoniosamente elementi dei
preraffaelliti inglesi, come William Morris,
suggestioni orientaleggianti e ricordi
dell’arte bizantina e iberica. La
straordinaria fantasia dimostrata da Mucha
nell’invenzione dei sontuosi gioielli che
impreziosiscono il collo e la testa di questa
figura femminile indusse il gioielliere
Fouquet a sceglierlo quale creatore di
alcuni monili elaborati sullo stile dei suoi
manifesti.
39. RITRATTO DELLA FIGLIA JAROSLAVA
Si tratta di una delle numerose
effigi della figlia dell’artista, che
insieme alla madre Maruska presta
il proprio viso anche per una serie
di banconote commissionate
all’artista dalla nascente
Repubblica Cecoslovacca
(1919-1929). Su uno sfondo di
carta da parati a fiori rossi, che
richiama i due garofani che la
fanciulla tiene in mano, il pittore
ritrae la ragazza in una posa
insolita, quasi rannicchiata con i
gomiti appoggiati sulle ginocchia,
come una bimba intenta ad
ascoltare un insolito racconto. La
sua bellezza calma e serena è
diventata per l’artista il suo nuovo
modello femminile, interprete di
quel mutamento stilistico avvenuto
all’inizio del nuovo secolo.
40. DONNA CON CANDELA ACCESA
Realizzato poco dopo il
completamento dei disegni
per le vetrate della
cattedrale di San Vito a
Praga, il quadro raffigura
una giovane donna avvolta
in ricchi abiti che con
sguardo enigmatico osserva
una candela che si sta
consumando. Gli evidenti
riferimenti simbolici al
trascorrere della vita e allo
sfiorire della bellezza
accentuano la malinconica
avvenenza di questa
immagine muliebre. Nel
dipinto i contorni marcati e i
colori sgargianti delle
affiches si sono fatti più
sfumati e indefiniti, hanno
lasciato il posto a toni più
sommessi e pacati.
41. DONNA CROATA CON MELE
Durante le sue ricerche per l’Epopea
slava, l’artista non solo consultò esperti
di storia locale, ma studiò anche
l’ambiente e il popolo protagonista delle
scene prescelte. Per effettuare la sua
ricerca Mucha viaggiò per il paese con
una macchina fotografica e un taccuino.
Per quanto distaccato, fu un fotografo
appassionato e il suo taccuino si riempì
di disegni che avrebbero ispirato e
arricchito i suoi dipinti. Il Ritratto di
ragazza croata è il risultato del suo
viaggio studio in questa regione, anche
se fu dipinto solo nel 1920, per
l’esposizione presso Newcomb, Macklin
& Co. a Chicago. L’artista abbandona
l’aristocratica bellezza delle sofisticate e
altere donne dei suoi primi lavori per la
semplicità e l’ingenua grazia di questa
giovane donna vestita degli abiti
tradizionali.
42. MUNCH: OPERE
• Autoritratto sotto maschera di donna
• Sera sulla via Karl Johan
• Disperazione
• L’urlo
• Pubertà
• La tempesta
• Autoritratto all’inferno
• Gelosia
• Amore e Psiche
• Cavallo al galoppo
• Uomo al bagno
• Autoritratto (uomo che passeggia di notte)
43. AUTORITRATTO SOTTO MASCHERA DI DONNA
In questo autoritratto a mezzo busto Munch si
ritrae frontalmente, e sullo sfondo domina una
tappezzeria a colori forti. Sopra di lui, una
maschera dalle fattezze demoniache osserva
con atteggiamento impassibile e sarcastico. Il
quadro rappresenta una delle tappe
fondamentali di quel processo della pittura di
Munch che dal naturalismo giunge al
simbolismo e che si verifica all’inizio
dell’ultimo decennio dell’Ottocento. Molti
elementi – la maschera, i colori usati in senso
antinaturalistico – rimandano all’arte di Emile
Bernard e Paul Gauguin. Il volto dell’artista è
immerso in un’atmosfera di malinconica
intensità, resa con inquietanti esasperazioni
tonali.
44. SERA SULLA VIA KARL JOHAN
In quest’occasione il
pittore la ripropone
nella malinconia della
sera, quasi
un’antologia figurativa
di uno stato d’animo
carico d’angosce e di
emozioni. Il dipinto
sembra immergere di
nuovo l’artista nella
malinconia provinciale
della capitale nordica
e nell’ossessione della
sua solitudine.
La strada di Christiania (la futura Oslo) era già stata
dipinta da Munch sia nel 1889 alla maniera del primo
impressionismo, sia alcuni anni più tardi con la tecnica
di Pissarro e Seurat.
45. DISPERAZIONE
Il quadro, che mostra un profilo
maschile indefinito proiettato contro
l’ambiente circostante, può essere
considerato un precedente de Il grido,
uno dei dipinti più famosi di Munch,
realizzato nel 1893. Davanti a un
tramonto rosso sangue, una figura
maschile ritratta di profilo si ferma
improvvisamente ad ascoltare la voce
della propria anima, stretta da
un’angoscia che non sembra aver
contagiato le due figure che si
allontanano con indifferenza verso il
fondo. Il pittore trasferisce sulla tela
l’esperienza vissuta una sera quando,
passeggiando lungo la strada con
due amici, fu improvvisamente colto
da una profonda angoscia
osservando il cielo al tramonto che si
era tinto all’improvviso di rosso
sangue.
46. L’URLO
Nulla di esterno suggerisce l’orrore che
induce la strana figura in primo piano a
gridare, immagine che materializza e
personifica l’angoscia cosmica. Del tutto
estranea rispetto al contesto, al
paesaggio e all’ambiente circostante, la
vittima è sopraffatta dalla
consapevolezza di un terrore indicibile
che viene dall’interno. Le tinte sono
scure: un intenso rosso sangue si libra
in modo sinistro sull’orizzonte e urta con
le ombre violette del mare in
lontananza. Lo stesso violetto si ripete
nell’abito della vittima, mentre le mani e
la testa sono di un pallido grigio-bruno.
La particolare conformazione del
paesaggio, che suggerisce un turbinoso
movimento, è stata spesso intesa come
visualizzazione delle onde sonore. In
una litografia del 1895, nella quale
Munch riprende il soggetto, l’intensità
del contenuto psicologico è
ulteriormente accentuata.
47. PUBERTA’
ll dipinto fa parte di una serie di olii
dedicati a una figura femminile seduta
sul letto, databili fra il 1884 e il
1925-1928. Qui un’adolescente nuda
fissa con sguardo inquieto fuori della
tela, tenendo, con gesto pudico, le
braccia incrociate in grembo.
Personificazione delle paure
adolescenziali, riflette il turbamento
causato da un’esperienza nuova e
sconvolgente. Quest’interpretazione del
soggetto è basata non soltanto su una
lettura dell’atteggiamento e dei
lineamenti, ma deriva anche dalla
presenza di una grande ombra
misteriosa. Sebbene il quadro fosse
letto all’epoca della sua esecuzione
come un’accusa alla società del tempo,
oggi la critica è propensa a credere che
in opere come questa Munch giunge a
esplorare quella linea di confine tra
l’organico e lo psichico che è alla base
del pensiero freudiano.
48. LA TEMPESTA
Un gruppo di donne davanti a Tutti i personaggi ritratti
una casa illuminata si protegge ripetono ossessivamente il
dal rumore del vento notturno gesto di coprirsi con le mani le
orecchie, che è presente anche
che scuote la natura e le anime. nel Grido e nella Madre morta
e la bambina e che Munch usa
come simbolo di un dolore
intollerabile, di un urlo di
angoscia che sale dal profondo
dell’anima, ancora più
terrificante del fragore che
proviene dall’esterno. Le
finestre illuminate sono un
importante elemento pittorico e
Munch accentua l’effetto
grattando via il colore attorno ai
quadrati gialli, che sembrano
occhi che penetrano la notte.
49. AUTORITRATTO ALL’INFERNO
Gli autoritratti sono per Munch il
mezzo con cui scruta e registra gli
stati emotivi in un continuo, inesausto
esame di coscienza, qui raffigurato
anche dalla nudità dell’artista. In
contatto con l’ambiente letterario di cui
fanno parte Przybyszewsky e
Strindberg, l’artista si ispira spesso a
tematiche trattate nei testi di questi
scrittori; da Strindberg in particolare
riprende il tema della “follia” come
laboratorio sperimentale, e questo
autoritratto ha molti punti in comune
con il testo Inferno di Strindberg. Nel
quadro l’artista si è rappresentato
isolato su un fondo rosso acceso; lo
sguardo, angosciato e penetrante, è
rivolto all’esterno.
50. GELOSIA
Il poeta occupa il primissimo
piano, mentre la scena di
intonazione biblica è arretrata
nella profondità dello spazio
pittorico. Eva, in parte coperta
da un abito scarlatto, è dipinta
nell’atto di cogliere la mela,
un’azione traducibile per la
mente gelosa della figura in
Questa tela abbina il tema di Adamo ed primo piano come percezione
Eva al ritratto di Stanislaw Przybyszewski, il di un delitto in flagrante;
poeta polacco più volte effigiato da Munch Adamo è raffigurato in abiti
nel corso dell’ultimo decennio del secolo. Il moderni.
ritratto di Przybyszewski in Gelosia è stato
spesso messo in relazione con la presunta
relazione di Munch con la moglie del poeta,
Dagny Juell.
51. AMORE E PSICHE
Anche se il riferimento alla mitologia
classica appare occasionale, il titolo è
tuttavia in armonia con l’interesse di
Munch per la dinamica dei rapporti
sentimentali. La tecnica utilizzata, fatta di
pennellate dritte, spesse, verticali, è
caratteristica della breve fase
attraversata da Munch durante gli anni
immediatamente precedenti e seguenti il
collasso nervoso del 1908 (per esempio,
nel dipinto Morte di Marat del 1907,
conservato a Oslo, Munch Museet). Il
quadro esprime in un certo senso il
raggiungimento, nella mente dell’artista,
di un equilibrio nella battaglia fra i sessi,
in accordo con un nuovo nascente
sentimento maturo e positivo; l’uomo non
risulta più sottomesso dal potere della
femminilità come accadeva nei quadri
dedicati al tema del Vampiro
(impersonato dalla donna) degli anni
Novanta dell’Ottocento.
52. CAVALLO AL GALOPPO
Il cavallo irrompe a galoppo sulla neve, fa
indietreggiare ai margini gli altri personaggi,
presi dal panico, e avanza impetuosamente
verso lo spettatore. La piccola figura
dell’uomo sul carro contrasta con la
possente struttura dell’animale, come se il
cavallo raffigurasse la vitalistica forza della
natura, contrapposta alla fragilità della
razionalità umana: un tema che adombra
influssi degli scritti di Nietzsche e che
scaturisce dall’esperienza di quel crollo
psichico che nel 1908 aveva condotto
Munch al ricovero in una clinica di
Copenhagen. L’uso di una gamma
cromatica dal forte valore simbolico
accentua il tema dell’angoscia: i toni del
marrone e del rosso sono utilizzati per
rappresentare l’animalità sanguigna e
contrastano con il freddo colore blu del
cavaliere. Il Cavallo al galoppo fu ripreso
dall’artista in un’incisione, nel 1915, che
ripete in forma semplificata il tema trattato
sulla tela.
53. UOMO AL BAGNO
Dal 1916 Munch si trasferisce
definitivamente a Ekely,
presso l’odierna Oslo, lontano
dalla città e dai suoi frenetici
ritmi. L’artista è alla ricerca di
un’esistenza semplice e più
vicina alla natura. In questo
clima nascono opere come
l’Uomo al bagno, nel quale
esprime una ritrovata gioia di
vivere, in accordo con quelle
correnti riformatrici, che larghe pennellate, senza
diffuse in Germania sul finire rispettare i contorni, delineano
del secolo, predicano la fuga
dalla città e la ricerca di immagini sgranate e sfilacciate,
modelli di vita alternativi. In i colori si schiariscono, e la loro
questi stessi anni si verifica vivacità assimila un’influenza
anche un cambiamento nella fauves di ritorno.
tecnica pittorica:
54. AUTORITRATTO (UOMO CHE PASSEGGIA DI NOTTE)
Il quadro è uno dei numerosi autoritratti
eseguiti dal pittore negli ultimi due
decenni della sua vita, e seguono, come
un diario, anno dopo anno, la sua
evoluzione psichica e fisica fino alla
morte. Spietatamente, viene messa a
nudo la condizione della vecchiaia. In
alcune opere l’angoscia della morte è
quasi palpabile, come appunto in questo
quadro. Impietoso nello studio di se
stesso, gli occhi mutati in due fessure
scure, Munch presta il suo volto a un
personaggio che cammina in una stanza
vuota, simbolo della vita ormai priva di
emozioni. Lo sguardo rivolto verso
l’osservatore sembra comunicare il senso
di angoscia e la consapevolezza della
fine ormai imminente. Anche le finestre,
sbarrate, enfatizzano il senso di
solitudine e isolamento.
55. TOULOSE-LAUTREC: OPERE
• Al circo Fernando
• Ballo al Moulin Rouge
• Aristide Bruant all’Ambassadeurs
• Al Moulin Rouge
• Al Salon di rue des Moulins
• Salottino privato
56. AL CIRCO FERNANDO
Ribattezzato in seguito
circo Medrano, continuò a
richiamare gli artisti del
primo Novecento ed in
particolare Pablo Picasso.Il
direttore del circo ed il
clown, vestiti di scuro, con
le loro forme piatte, si
stagliano nettamente
contro il pavimento chiaro
dell'arena.
Per la figura della
"Al circo Fernando" è un dipinto ad olio su cavallerizza sembra aver
tela di cm 103,2 x 161,3 realizzato nel 1888 posato Suzann Valadon,
dal pittore Henri de Toulouse-Lautrec. che ha esordito
È conservato al Art Institute di Chicago. effettivamente come
Il circo Fernando, aperto nel 1875, divenne trapezista di un circo.
una delle grandi attrazioni di Montmartre ed
a quel tempo era uno dei cinque circhi
permanenti di Parigi.
57. BALLO AL MOULIN ROUGE
"Ballo al Moulin Rouge (Dressage
des nouvelles par Valentin-le-
Désossé)" è un dipinto ad olio su
tela di cm 115 x 150 realizzato tra
il 1889 ed il 1890 dal pittore Henri
de Toulouse-Lautrec.
È conservato al Museum of Art di
Philadelphia.
La rappresentazione che Henri dà
del Moulin Rouge, aperto da poco
tempo, è una magistrale
mescolanza di acuto spirito di
osservazione e di esagerazione
spinta ai limiti della caricatura.
Le tavole del pavimento, nello
spazio vuoto tra le figure in primo
piano, spingono l'occhio verso i
ballerini più lontani, dove una delle
vedette, Valentin-le-Désossé, sta Sullo sfondo il pittore disegna della caricature di
addestrando una nuova ballerina. personaggi, tra cui un uomo di città coi baffi,
una donna dalla fattezze di Jane Avril ed una
figura con la bombetta e la faccia grottesca di
uno scheletro.
Questo dipinto è stato esposto al Salon des
Indépendants del 1890.
58. ARISTIDE BRUANT ALL’AMBASSADEURS
"Aristide Bruant all'Ambassadeurs" è una
litografia a pennello ed a spruzzo di cm 150 x
100 realizzato nel 1892 dal pittore Henri de
Toulouse-Lautrec. È conservato al Musée
Toulouse-Lautrec di Albi.
Aristide Bruant (1851-1923) era uno dei
cantanti di cabaret più popolari del tempo,
famoso per la traboccante volgarità dei suoi
spettacoli (imprecava spesso ed insultava il
pubblico). I tratti del cantante sono resi in
modo estremamente sintetico, con poche linee
di verde oliva (e del nero per le sopracciglia)
su uno sfondo completamente piatto. La
sciarpa rosso brillante mostra solo poche linee
di un tono più scuro per suggerire le pieghe
della stoffa.
Dietro Bruant, a destra, la figura di un uomo
che si appoggia come sulla soglia di una porta
è ridotto ad una semplice silhouette.
59. AL MOULIN ROUGE
"Al Moulin Rouge" è un dipinto
ad olio su tela di cm 123 x 140
realizzato tra il 1892 ed il 1895
dal pittore Henri de Toulouse-
Lautrec. È’ conservato all’ Art
Institute di Chicago.Le persone
raffigurate sono tutte
riconoscibili: sullo sfondo si
vede lo stesso pittore che
cammina in compagnia di suo
cugino, Gabriel Tapié de
Céleyran, alla loro destra la
ballerina "la Goulue" che si
aggiusta i capelli allo specchio.
Al tavolo siedono varie figure
ben note della vita notturna di
Montmartre: il critico d’arte
Édouard Dujardin, la ballerina
spagnola detta “La Macarona”
e due amici di Lautrec Guibert
e Paul Sescau
60. AL SALON DI RUE DES MOULINS
"Al Salon di rue des Moulins" è un
dipinto a pastello su carta di cm
111 x 132 realizzato tra il 1894 ed il
1895 dal pittore Henri de Toulouse-
Lautrec.È conservato al Musée
Toulouse-Lautrec di Albi. Questo
quadro raffigura una “casa chiusa”
in rue des Moulins con alcune
prostitute; la donna in primo piano
con la gamba piegata è Mireille,
particolarmente affezionata al
pittore. Sembra che Henri abbia
provato un certo imbarazzo ad
esporre questo quadro al pubblico:
nella sua personale del 1896 egli
espone separatamente i dipinti
esposti nelle case chiuse,
custodendo la chiave delle sale,
che mostra solo a pochissimi
invitati.
61. SALOTTINO PRIVATO
"Salottino privato" è un dipinto
ad olio su tela di cm 55,1 x 46
realizzato nel 1899 dal pittore
Henri de Toulouse-Lautrec. È
conservato alla Courtauld
Gallery di Londra. Questo
dipinto è noto anche con il
titolo: “Al Rat Mort” o “Cena
tête-â-t ête”.
Raffigura Lucy Jourdain, un
prostituta d’alta classe a cena
al Rat Mort, un caffè di
Montmartre.Nell’angolo in
basso a sinistra è raffigurata
una piccola natura morta.
63. L’INDOLENTE
"L’indolente" è un
dipinto di cm 93 x 108
realizzato nel 1899
circa dal pittore
francese Pierre
Bonnard. È’ conservato
al Musée d’Orsay di
Parigi.Il quadro
raffigura una donna,
vista dall’alto, sdraiata
nuda su un letto; la
modella è la moglie del
pittore (Marthe). I
lineamenti della
ragazza si perdono
nell’ombra, mentre la
luce che entra dalla
finestra si posa
dolcemente su alcune
parti del corpo.